Accettando la National Book Foundation’s Medal for Distinguished Contribution to American Letters, onore toccato in passato anche a Ray Bradbury e Toni Morrison ma tipicamente indifferente agli autori di genere, Ursula K. Le Guin ha tenuto lo scorso 19 novembre un discorso di ringraziamento che ha avuto enorme risonanza nel mondo anglosassone. Silvio Sosio ne ha parlato su Fantascienza.com riportandone una traduzione integrale. Qui in Italia siamo come al solito distratti, o semplicemente amiamo crogiolarci nel nostro provincialismo da nobili decaduti. E così il massimo che ci è dato vedere su un’onorificenza storica come questa sono state polemichine da salotto capaci di far ridere un pidocchio.
Al di là del valore dell’autrice – e Ursula K. Le Guin è una signora autrice, come dimostrano i 5 premi Hugo, i 6 Nebula e i ben 19 Locus allineati sulla sua libreria, per non parlare della profondità dei temi trattati e della complessità degli scenari immaginati, a cominciare dal ciclo dell’Ecumene – quello che avrebbe dovuto gratificare la comunità degli appassionati di fantascienza è il riconoscimento attribuito da una istituzione culturale di livello nazionale a una delle personalità più autorevoli emerse dal campo del fantastico. Questo nel mondo anglosassone si è verificato, in Italia no. Ma qui mi preme ricordare che il suo ultimo lavoro giunto in Italia, quel Paradisi Perduti curato e tradotto lo scorso anno da Salvatore Proietti per Delos Books (e pubblicato con una copertina originale di Maurizio Manzieri che ha riscosso un successo planetario), si è imposto meritatamente all’ultima edizione dei Premi Italia e questo dovrebbe essere un motivo di vanto per tutta la comunità italiana, che una volta tanto ha saputo dar prova di lungimiranza e acutezza.
Da autore di genere, non posso che condividere ogni singola parola del discorso di Le Guin. Ma c’è un passaggio che trovo particolarmente emozionante, e ve lo trascrivo:
A chi mi ha dato questo bellissimo premio, grazie. Dal cuore. Alla mia famiglia, ai miei agenti, ai miei editor dico: sappiate che se sono qui è anche merito vostro, e questo premio è tanto vostro quanto mio. E mi piace l’idea di accettarlo e condividerlo con tutti quegli scrittori che sono stati esclusi dalla letteratura così a lungo, i miei colleghi autori di fantasy e fantascienza, scrittori dell’immaginazione, che per cinquant’anni hanno visto questi bei premi andare ai cosiddetti “realisti”.
Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall’ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande.
Oggi abbiamo bisogno di scrittori che conoscano la differenza tra la produzione di una merce e la pratica dell’arte.
Ma tutto l’intervento merita di essere visto e ascoltato.
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25 ottobre 2017 a 06:06
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