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In questi giorni sto scrivendo un articolo su Valerio Evangelisti, che come sapete ci ha lasciati lo scorso 18 aprile. Mi sono così calato nuovamente nelle sue pagine, che in alcuni casi non rileggevo da vent’anni, tornando alle sue atmosfere notturne, fumose, oniriche e malate, e ho ritrovato la grandezza di un autore che, pur nel successo che ha avuto, avrebbe probabilmente meritato una visibilità maggiore in vita, del tipo per esempio giustamente riconosciuto ai giallisti della scuola italiana (Camilleri, Lucarelli, De Cataldo, Carofiglio). Ma Evangelisti non scriveva gialli ma fantascienza, e nonostante i romanzi storici e il resto della sua produzione di genere che mutuava gli schemi dell’avventura e del noir, ne ha portato le stigmate fino alla fine.
Raccogliendo materiale per l’articolo, mi sono imbattuto in questa video-intervista realizzata da Selene Verri e rilanciata pochi giorni dopo la scomparsa di Evangelisti da Silvio Sosio su Fantascienza.com. Nel video, della durata di mezz’ora, Evangelisti dialoga con un altro gigante della fantascienza italiana che ci ha lasciati troppo presto, Giuseppe Lippi, mente enciclopedica, saggista brillante, traduttore e all’occorrenza anche autore (stupendo il suo racconto Il lago d’inferno, incluso nello storico numero 1500 di Urania, Tutta un’altra cosa), e per trent’anni curatore di Urania, la collana di fantascienza più longeva al mondo. In occasione del ventesimo anniversario della sua nomina a curatore avevo avuto il piacere di intervistarlo per il blog della collana, che a quel tempo curavo, e vi rimando al link per recuperare le sue illuminanti parole. Qui sotto invece potete ascoltarlo dialogare con Evangelisti, con uno spunto di riflessione praticamente a ogni frase da loro pronunciata.
Rivedere questa chiacchierata nell’intervista di Selene fa adesso uno strano effetto. Di persona, conoscevo sicuramente meglio Giuseppe, con cui avevamo lavorato a un paio di libri, oltre all’intensa frequentazione ai tempi del blog, e da cui anche nella divergenza delle opinioni c’era sempre da imparare qualcosa: nei contenuti e negli atteggiamenti, aspetti che si potrebbero ricondurre all’essenza della professionalità, merce purtroppo sempre più rara. Conoscevo un po’ meno Valerio, che tuttavia non mi aveva mai negato una risposta a un’e-mail, una prefazione o uno strillo di copertina, esperienza che qualsiasi appassionato, lettore o scrittore abbia provato negli anni a contattarlo o coinvolgerlo in qualche progetto non potrà che confermare. Avevamo anche condiviso alcune antologie, e altre avremmo potuto farne se i suoi impegni e la salute non gli avessero imposto negli ultimi anni di ridurre i fuori programma. Sentirli parlare di fantascienza (e non solo) con la loro verve e competenza, con quella lucidità e profondità che li contraddistingueva, è qualcosa che sarà solo in parte compensato dalle loro opere, benché monumentali.
Con la loro dipartita da questa terra, abbiamo perso altri due giganti sulle cui spalle potevamo arrampicarci per scrutare tra le nebbie del futuro.
E così un altro anno arriva agli sgoccioli. Eccoci quindi al consueto post di fine anno (qui le puntate precedenti: 2020, 2019 #1 e #2).
Sul blog non c’è molto da dire: Holonomikon è rimasto latente per la maggior parte dell’anno, ma nelle ultime settimane ho ripreso ad aggiornarlo con una maggiore dedizione: non siamo ai livelli né del 2019, né tantomeno del 2020, ma l’intenzione è quella di cercare una certa continuità, magari anche attraverso contenuti dal taglio più breve che nel passato e variando un po’ l’offerta tematica. Probabilmente qualcosa prenderà forma già dai prossimi giorni. I post pubblicati prima di questo sono stati 19, per un totale di 8.720 parole e una media di 459 parole ad articolo.
L’attività saggistica di quest’anno ha riguardato principalmente Quaderni d’Altri Tempi, dove sono apparsi quasi tutti gli articoli che ho scritto e che non sono transitati per il blog. Un elenco per amor di completezza:
- le recensioni di Vivarium e dell’omnibus che Mondadori ha dedicato a Harlan Ellison;
- le retrospettive dedicate al cyberpunk, con la celebrazione degli anniversari di Johnny Mnemonic e 1997: Fuga da New York;
- gli approfondimenti sul cyberpunk e sul ciclo di Dune.
Sul fronte della narrativa, è stato invece uno degli anni più magri di sempre, principalmente (ma non solo) perché tutta la prima metà dell’anno se n’è andata nell’assemblaggio di questa cosa qui: La sindrome di Kessler e altri racconti è stato un atto di grande attenzione e cura da parte di Kipple Officina Libraria, avendomi offerto l’opportunità di raccogliere il meglio (o almeno gran parte del meglio) della mia narrativa breve, finora disseminata su riviste, siti web, antologie, e spesso di difficile se non impossibile reperibilità, in un volume rilegato completato dalla splendida cover di Franco Brambilla e dalla prefazione di Linda De Santi.
L’ unico racconto scritto nel 2021 mi ha tenuto impegnato per un paio di mesi ed è uno dei lavori più estremi che mi sia capitato di scrivere, sia per il concept che per lo sviluppo. Finora non ve ne ho parlato, ma colgo l’occasione per segnalare la recente uscita de La Volontà trasgressiva. Seconda frontiera, un progetto di Sandro Battisti che prosegue su nuove coordinate l’iniziativa della Prima frontiera. Il mio racconto s’intitola Poco dopo mezzanotte, nel giardino del bene e del male e rappresenta un tentativo di calare le specificità della fisica quantistica (il principio di indeterminazione, la sovrapposizione degli stati, la reversibilità del tempo) in un contesto narrativo, sia in termini di contenuto che di stile. Non so se ci sono riuscito, ma ne riparleremo, anche perché in questo racconto è confluito tanto altro.
Per il resto, cos’altro aggiungere? La statistica di Anobii è un po’ meno sconfortante dello scorso anno: mi ero prefisso di leggere 15 libri, alla fine chiudo l’anno a 16 con 5.581 pagine lette, con alcune riletture ormai necessarie (i racconti di H. P. Lovecraft curati da Giuseppe Lippi, la novella Doppio sogno di Arthur Schnitzler che avevo letto oltre vent’anni fa), un paio di recuperi dovuti (tra cui Il giudice e il suo boia di Friedrich Dürrenmatt e la nuova edizione deluxe di Akira di Katsuhiro Otomo, di cui mi porto nel 2022 i rimanenti cinque volumi), e la conclusione di letture che mi sono portato avanti dal 2020, tra le quali una menzione di merito va a Inverso di William Gibson, che ho trovato davvero spiazzante e foriero di stimoli e suggestioni.
Per il momento è tutto. Fate buone feste, con l’augurio che il nuovo anno porti serenità, salute e soddisfazioni a voi e ai vostri cari. Ci rileggiamo nel 2022.
La scorsa primavera, tra le altre cose, mi è capitato di essere ospite di Davide Giordani per il suo podcast Tra il dire e il fare. In quell’occasione ci siamo dilungati sul connettivismo e i suoi rapporti con la fantascienza e l’immaginario, passando in rassegna anche alcuni dei miei lavori.
La registrazione dura circa un’ora e potete ascoltarla sulla pagina ufficiale oppure cliccando direttamente sul badge qui in basso.
La gestazione di Terminal Shock è stata lunga, passando per riscritture, revisioni, sviluppi, almeno dal 2008 e fino all’uscita nel 2013, nella rimpianta collana Raggi curata da Luigi Acerbi per Mezzotints eBook. Quando la casa editrice ha chiuso i battenti, della novella (uscita come da politica editoriale della casa solo in formato elettronico) si sono perse le tracce, finché quest’anno Carmine Treanni non ha pensato di propormi una riedizione per CentoAutori.
Per me è stata l’occasione per fare un tuffo nel passato e, riprendendo in mano il testo, ho pensato di includere alcune «espansioni» per agevolare il senso dell’orientamento del lettore, che spero apprezzerà.
Il libro è già in circolazione da alcune settimane, acquistabile un po’ ovunque online e ordinabile in libreria se già non disponibile. Non aggiungo altro. Solo la nuova quarta.
2023: un segnale di origine sconosciuta viene intercettato dal programma SETI. La Sequenza è di evidente natura artificiale, ma la sua origine è un enigma che sfida la scienza e la ragione. 2180: l’umanità è una civiltà interplanetaria e nelle turbolente fasi della sua espansione nello spazio si è scissa in numerose fazioni. La loro rivalità alimenta un clima da guerra fredda, ma la scoperta di una struttura artificiale nella nube di Oort rappresenta un valido motivo per unire le forze intorno all’interesse comune. Chi sono i costruttori di Terminus e dove sono adesso? Qual era lo scopo della misteriosa megastruttura spaziale che hanno abbandonato ai confini estremi del sistema solare? Quando la storica missione di contatto con la stazione aliena fallisce, la più potente astronave militare mai uscita dai cantieri orbitali scompare nel nulla.
Viene organizzata una spedizione di soccorso per scoprire cosa è andato storto. Questa è la sua storia.
Seconda segnalazione robotica in meno di una settimana, per annunciarvi che è uscito il numero 90 della leggendaria rivista di fantascienza fondata da Vittorio Curtoni e attualmente diretta da Silvio Sosio, e che tra le sue pagine ha trovato in extremis confortevole asilo anche il mio articolo-moloch sullo sviluppo semiotico dell’utopia. Perché se è vero che il blog è impermanente per definizione, come tutto quello che è codificato in pacchetti di bit in un server oceanico da qualche parte, le pagine di Robot sono per sempre.
E così ci siamo. L’attesa è finita. Preceduto dal libro evento del 2019 (asso pigliatutto all’ultima edizione del Premio Italia), annunciato in pompa magna, accompagnato da una campagna promozionale come raramente se ne vedono in Italia quando si parla di fantascienza (e chissà perché ancor più quando si tratta di fantascienza italiana… se non quando la fantascienza è il pretesto per allenare la consolidata virtù italica del velleitarismo coloniale), è il momento del Millemondi dell’estate 2020: Distòpia.
Curata ancora una volta da Franco Forte, impreziosita come sempre da una cover memorabile di Franco Brambilla e completata da una postfazione di Carmine Treanni sulla strana attrazione che esercita “il peggiore dei mondi possibili”, l’antologia dedicata alla fantascienza scritta da autori italiani si è concentrata questa volta su un tema che, all’origine, nessuno si sarebbe di certo aspettato sarebbe stato così d’attualità al momento dell’uscita in edicola: fin dal titolo, che rifugge qualsiasi tentazione di camuffamento, a fare la parte del leone saranno i futuri avversi, i mondi allo sfascio, le società totalitarie, le piccole e grandi distorsioni – o, se preferite, perversioni – di cui l’umanità sa rendersi capace.
Dalla presentazione del volume:
Tenetevi pronti a sognare agli scenari immaginati da alcuni dei migliori scrittori della fantascienza italiana, riuniti da Franco Forte, curatore dell’antologia.
Le loro visioni vi porteranno a incontrare un androide nelle gelide miniere di Plutone, a indagare insieme a una Nativa Mentale i segreti di un’Italia virtuale (o meglio “n’Italia”) post pandemia, ad aggirarvi sotto i tramonti oscuri della città di Morjegrad, preda di strani blackout.
Preparatevi a danzare con un’umanità mutilata dall’editing genetico, a inseguire ali di farfalla in un mondo prosciugato dalla vita, a far crepitare di raggi laser la neve grigia dell’inverno nucleare.
Tra le pagine di “Distòpia” scalerete i durissimi canoni estetici del riallineamento, sarete assordati dal frastuono del crollo dei grandi monumenti della Terra, andrete a caccia di emozioni forti in un mondo che ha sacrificato la privacy e il contatto umano a favore di un’inquieta sicurezza, andrete a caccia all’ispirazione insieme a uno scrittore disperato.
Potrete farvi inebriare dal fascino digitare di un/a Perfect Companion, colonizzare un pianeta meticcio e multispecie e persino perdervi in un futuro psichedelico governato da hashtag e captcha.
Per quanto mi riguarda, Distòpia giunge dopo Cronache dell’Armageddon e Lo Zar non è morto e completa un trittico che per puro caso, dopo una lavorazione di diversi mesi, è arrivato a convergere su questo scorcio di estate post-pandemica, suggellando un mese di giugno di rara produttività.
Magari del mio racconto parleremo nei prossimi giorni. Intanto, ci vediamo in edicola!
E così il 20 giugno, al termine della prima Italcon virtuale della storia, sono stati annunciati anche i vincitori dell’ultima edizione del Premio Italia. Partivamo da qui e la mia trentatreesima nomination personale in quindici anni si è tradotta nel mio secondo Premio Italia e mezzo (dopo gli articoli del 2012 sui viaggi nel tempo, scritto a quattro mani con il socio Lanfranco Fabriani, e del 2014 sulla fantascienza cyberpunk e post-cyberpunk). Anche questa volta concorrevo in una categoria amatoriale, ma stavolta il premio è arrivato per il racconto. Per la precisione questo, a cui resto molto legato.
In un certo senso, è come mantenere una promessa, ma è ancora presto per montarsi la testa.
Voglio quindi ringraziare tutti i partecipanti che hanno accordato a Red Dust le loro preferenze e Luca Bonatesta che ha scelto di ripubblicarlo nella sezione narrativa del Club GHOST, dandomi la possibilità di concorrere nella categoria dei racconti non professionali, e complimentarmi con tutti gli altri finalisti e vincitori, tra cui diversi amici. A mio parere è stata una bella edizione della Italcon, riuscita come esperimento per le modalità atipiche dello svolgimento, e impreziosita dall’idea del curatore del premio Silvio Sosio di valorizzare anche i piazzamenti tra i finalisti. Speriamo che anche questo aiuti ad allargare la platea dei votanti il prossimo anno.
Sono trascorsi tre anni da quel giorno che nessuno di noi avrebbe mai voluto vedere, ma Alan D. Altieri, Sergio per gli amici, è ancora con noi, come dimostrano due iniziative che hanno visto la luce in questa terza, triste ricorrenza.
La prima, grazie al coordinamento del formidabile trio composto da Cecilia Lavopa, Andrea Novelli e Giampaolo Zarini, è apparsa sulle pagine di Contorni di Noir, con i ricordi di una nutrita schieri di amici e autori che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui. Potete leggere i nostri contributi nei due post che li raccolgono tutti, da cui credo che emerga bene un affresco a tutto tondo di questo gigante della letteratura italiana contemporanea.
La seconda è un annuncio a cui tengo molto, perché è il frutto di un anno e mezzo di lavoro, un arco di tempo durante il quale con Alessio Lazzati abbiamo visto nascere e crescere un progetto che accarezzavamo praticamente dal giorno dopo quella tragica data di tre anni fa. Fin da subito è stato un nostro comune cruccio trovare un modo per omaggiare degnamente il ricordo di un amico e un maestro troppo importante per poter condensare in una manciata di parole la portata dell’influenza che ha esercitato su di noi. Poi nell’autunno 2018, in occasione di uno StraniMondi, Andrea Vaccaro, curatore per Kipple Officina Libraria della collana K_Noir, ci lanciò il guanto di una sfida che noi accettammo con l’entusiasmo degli incoscienti. Ed ecco il risultato.
Dal sito dell’editore:
Venti contributi tra narrativa e realtà, tra omaggio e memento, esplorano i sentieri tracciati dal bardo dell’Apocalisse; autori, colleghi, amici e familiari ricordano l’esploratore del vuoto, evocando la sua immensa disponibilità, bravura, capacità di sintetizzare intere forme di Letteratura in un’apocalittica visione creativa ogni giorno più attuale.
I racconti di Danilo Arona, Barbara Baraldi, Umberto Bertani, Italo Bonera, Sandro Battisti, Andrea Carlo Cappi, Gianluca D’Aquino, Alessandro Defilippi, Giovanni De Matteo, Alessio Gallerani, Giuseppe Genna, Lukha B. Kremo, Luca Mazza & Jack Sensolini, Valeria Montaldi, Gianfranco Nerozzi, Andrea Novelli & Gianpaolo Zarini, Claudia Salvatori, Dario Tonani, rendono omaggio a Der Wolf, il bardo dell’Apocalisse, l’esploratore del vuoto. Con la prefazione di Franco Forte, un ricordo di Dario C. Altieri e Adrian D. Altieri e la sontuosa copertina di Franco Brambilla.
Emerse dalle tenebre.
Memento e incubo.
Un uomo in un mantello colore delle ombre, su un cavallo da guerra colore dell’acciaio. Un viandante. Nient’altro che un viandante in nero.
Avanzò lungo la strada flagellata dalla pioggia del Giorno dei Morti. Superò i relitti di case sventrate, invase da erbacce sibilanti nel vento. L’aria era opaca, miasmatica. Vapori lividi si levavano dal lastrico di pietre, disperdendosi contro nubi simili ad antracite liquefatta. Nessuna luce arrivava sulla terra. Forse la luce aveva semplicemente cessato di esistere.Alan D. Altieri, Magdeburg. L’Eretico (Corbaccio, 2005)
Che anno hanno avuto Holonomikon e il suo blogger? Da quando esiste (anno di grazia 2013), il 2019 è stato l’anno di maggiore attività del blog: una cosa che non avevo preventivato, ma che ho provato a pianificare in corso d’opera al meglio delle mie possibilità. Il che mi ha permesso, tra alti e bassi, di tornare a ritmi (quasi) confrontabili con quelli del glorioso, vecchio Strano Attrattore.
Questo è infatti il post numero 107 dell’anno solare, per un totale finora di 73.462 parole, con una media di 693 parole ad articolo. Sono particolarmente affezionato ad alcune delle cose che ho pubblicato quassù nell’ultimo anno. In particolare penso ai seguenti post:
- L’orizzonte postumano della civilizzazione interstellare (7-1-2019)
- Strategie di annientamento di massa (20-1-2019), che riprende e rielabora un vecchio post del vecchio blog
- Presidiare il passato per salvaguardare il futuro (27-1-2019), un altro recupero dal vecchio blog
- Fantascienza e futuro: un discorso sulle conseguenze (4-2-2019)
- L’enigma di Ada Lovelace (17-2-2019)
- Il ciclo Fumetti & Fantascienza pubblicato a febbraio in quattro tappe: Introduzione, La vita al tempo dei Mutanti e dei Supereroi, Vagabondi dell’infinito, Nessun paese è un’isola
- Pattern Recognition (5-4-2019)
- La memoria geologica di Breece D’J Pancake (1952-1979) (8-4-2019)
- Uscire dalla Zona Morta (25-4-2019)
- 5 finali su cui ci stiamo ancora interrogando (6-5-2019)
- Orrori immaginari, falsi ricordi, diritti calpestati e vite rovinate (11-6-2019)
- I giganti di ieri (18-7-2019)
- Giorni selvaggi (9-8-2019)
- The Tree of Life (5-10-2019), parziale riscrittura di un vecchio pezzo uscito sul vecchio blog
- Novembre 2019: l’incubo dei ritornanti, oltre Blade Runner (16-11-2019)
- Contro il capitalismo cronofago, a difesa del nostro tempo (25-11-2019)
- L’uomo che era Roy Batty (27-11-2019)
A cui si aggiungono i post più apprezzati dai lettori, premiati dal numero di visite ricevute:
- True Detective 3: il tempo è il fuoco in cui bruciamo (8-3-2019)
- Il potere di una storia (20-5-2019)
- Raccontami una storia (24-1-2019)
- Edward Hopper: la perfetta geometria di luce di Early Sunday Morning, 1930 (13-1-2019)
- Di cosa parlate quando parlate di fantascienza? (28-4-2019)
A mio insindacabile giudizio, è quanto di meglio ha offerto Holonomikon nel 2019. Sarà difficile ripetersi nel 2020 e per questo è inutile e dannoso fare dei propositi che finirei inevitabilmente per tradire.
Dimenticavo, il blog ha ospitato a puntate la riedizione di Orizzonte degli eventi, uno dei miei racconti più apprezzati dai lettori, ma ormai quasi introvabile, che è tornato finalmente disponibile a partire da questo link. Storia analoga per Red Dust, che è tornato disponibile grazie all’interessamento del Club GHoST in una nuova versione, ripulita e ripotenziata. Ma questo già non riguarda più il blog ed è quindi il caso di rimandarvi, per tutto il resto, al post di fine anno.
Troppo pigro e troppo poco tempo in questo periodo per scrivere qualcosa, ma particolarmente orgoglioso di aver offerto uno spunto a questo ottimo articolo di Massimiliano Gallo, direttore del Napolista, che condivido parola per parola, sul pessimo momento che la squadra sta attraversando.
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