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In questi giorni sto scrivendo un articolo su Valerio Evangelisti, che come sapete ci ha lasciati lo scorso 18 aprile. Mi sono così calato nuovamente nelle sue pagine, che in alcuni casi non rileggevo da vent’anni, tornando alle sue atmosfere notturne, fumose, oniriche e malate, e ho ritrovato la grandezza di un autore che, pur nel successo che ha avuto, avrebbe probabilmente meritato una visibilità maggiore in vita, del tipo per esempio giustamente riconosciuto ai giallisti della scuola italiana (Camilleri, Lucarelli, De Cataldo, Carofiglio). Ma Evangelisti non scriveva gialli ma fantascienza, e nonostante i romanzi storici e il resto della sua produzione di genere che mutuava gli schemi dell’avventura e del noir, ne ha portato le stigmate fino alla fine.

Raccogliendo materiale per l’articolo, mi sono imbattuto in questa video-intervista realizzata da Selene Verri e rilanciata pochi giorni dopo la scomparsa di Evangelisti da Silvio Sosio su Fantascienza.com. Nel video, della durata di mezz’ora, Evangelisti dialoga con un altro gigante della fantascienza italiana che ci ha lasciati troppo presto, Giuseppe Lippi, mente enciclopedica, saggista brillante, traduttore e all’occorrenza anche autore (stupendo il suo racconto Il lago d’inferno, incluso nello storico numero 1500 di Urania, Tutta un’altra cosa), e per trent’anni curatore di Urania, la collana di fantascienza più longeva al mondo. In occasione del ventesimo anniversario della sua nomina a curatore avevo avuto il piacere di intervistarlo per il blog della collana, che a quel tempo curavo, e vi rimando al link per recuperare le sue illuminanti parole. Qui sotto invece potete ascoltarlo dialogare con Evangelisti, con uno spunto di riflessione praticamente a ogni frase da loro pronunciata.

Rivedere questa chiacchierata nell’intervista di Selene fa adesso uno strano effetto. Di persona, conoscevo sicuramente meglio Giuseppe, con cui avevamo lavorato a un paio di libri, oltre all’intensa frequentazione ai tempi del blog, e da cui anche nella divergenza delle opinioni c’era sempre da imparare qualcosa: nei contenuti e negli atteggiamenti, aspetti che si potrebbero ricondurre all’essenza della professionalità, merce purtroppo sempre più rara. Conoscevo un po’ meno Valerio, che tuttavia non mi aveva mai negato una risposta a un’e-mail, una prefazione o uno strillo di copertina, esperienza che qualsiasi appassionato, lettore o scrittore abbia provato negli anni a contattarlo o coinvolgerlo in qualche progetto non potrà che confermare. Avevamo anche condiviso alcune antologie, e altre avremmo potuto farne se i suoi impegni e la salute non gli avessero imposto negli ultimi anni di ridurre i fuori programma. Sentirli parlare di fantascienza (e non solo) con la loro verve e competenza, con quella lucidità e profondità che li contraddistingueva, è qualcosa che sarà solo in parte compensato dalle loro opere, benché monumentali.

Con la loro dipartita da questa terra, abbiamo perso altri due giganti sulle cui spalle potevamo arrampicarci per scrutare tra le nebbie del futuro.

E così un altro anno arriva agli sgoccioli. Eccoci quindi al consueto post di fine anno (qui le puntate precedenti: 2020, 2019 #1 e #2).

Sul blog non c’è molto da dire: Holonomikon è rimasto latente per la maggior parte dell’anno, ma nelle ultime settimane ho ripreso ad aggiornarlo con una maggiore dedizione: non siamo ai livelli né del 2019, né tantomeno del 2020, ma l’intenzione è quella di cercare una certa continuità, magari anche attraverso contenuti dal taglio più breve che nel passato e variando un po’ l’offerta tematica. Probabilmente qualcosa prenderà forma già dai prossimi giorni. I post pubblicati prima di questo sono stati 19, per un totale di 8.720 parole e una media di 459 parole ad articolo.

L’attività saggistica di quest’anno ha riguardato principalmente Quaderni d’Altri Tempi, dove sono apparsi quasi tutti gli articoli che ho scritto e che non sono transitati per il blog. Un elenco per amor di completezza:

Sul fronte della narrativa, è stato invece uno degli anni più magri di sempre, principalmente (ma non solo) perché tutta la prima metà dell’anno se n’è andata nell’assemblaggio di questa cosa qui: La sindrome di Kessler e altri racconti è stato un atto di grande attenzione e cura da parte di Kipple Officina Libraria, avendomi offerto l’opportunità di raccogliere il meglio (o almeno gran parte del meglio) della mia narrativa breve, finora disseminata su riviste, siti web, antologie, e spesso di difficile se non impossibile reperibilità, in un volume rilegato completato dalla splendida cover di Franco Brambilla e dalla prefazione di Linda De Santi.

L’ unico racconto scritto nel 2021 mi ha tenuto impegnato per un paio di mesi ed è uno dei lavori più estremi che mi sia capitato di scrivere, sia per il concept che per lo sviluppo. Finora non ve ne ho parlato, ma colgo l’occasione per segnalare la recente uscita de La Volontà trasgressiva. Seconda frontiera, un progetto di Sandro Battisti che prosegue su nuove coordinate l’iniziativa della Prima frontiera. Il mio racconto s’intitola Poco dopo mezzanotte, nel giardino del bene e del male e rappresenta un tentativo di calare le specificità della fisica quantistica (il principio di indeterminazione, la sovrapposizione degli stati, la reversibilità del tempo) in un contesto narrativo, sia in termini di contenuto che di stile. Non so se ci sono riuscito, ma ne riparleremo, anche perché in questo racconto è confluito tanto altro.

Per il resto, cos’altro aggiungere? La statistica di Anobii è un po’ meno sconfortante dello scorso anno: mi ero prefisso di leggere 15 libri, alla fine chiudo l’anno a 16 con 5.581 pagine lette, con alcune riletture ormai necessarie (i racconti di H. P. Lovecraft curati da Giuseppe Lippi, la novella Doppio sogno di Arthur Schnitzler che avevo letto oltre vent’anni fa), un paio di recuperi dovuti (tra cui Il giudice e il suo boia di Friedrich Dürrenmatt e la nuova edizione deluxe di Akira di Katsuhiro Otomo, di cui mi porto nel 2022 i rimanenti cinque volumi), e la conclusione di letture che mi sono portato avanti dal 2020, tra le quali una menzione di merito va a Inverso di William Gibson, che ho trovato davvero spiazzante e foriero di stimoli e suggestioni.

Per il momento è tutto. Fate buone feste, con l’augurio che il nuovo anno porti serenità, salute e soddisfazioni a voi e ai vostri cari. Ci rileggiamo nel 2022.

La scorsa primavera, tra le altre cose, mi è capitato di essere ospite di Davide Giordani per il suo podcast Tra il dire e il fare. In quell’occasione ci siamo dilungati sul connettivismo e i suoi rapporti con la fantascienza e l’immaginario, passando in rassegna anche alcuni dei miei lavori.

La registrazione dura circa un’ora e potete ascoltarla sulla pagina ufficiale oppure cliccando direttamente sul badge qui in basso.

Ultime ore del 2020, fuori c’è un cielo sereno che prendiamo come buon auspicio per l’anno che ci aspetta, e intanto approfittiamo della reclusione per decreto sfruttandola come la più benvenuta delle scuse per starcene in casa e fare un po’ di bilanci.

Controllando le statistiche del blog, ho scoperto che Holonomikon è arrivato a 350 articoli pubblicati dal 2013. Il 2020 è stato il terzo anno di maggiore attività, dopo il 2019 (109 articoli) e il 2014 (88): 63 post pubblicati fino a ieri, per un totale di 49.001 parole e una media di 778 parole ad articolo (corrispondenti a circa 5k battute, a poca distanza dal record del 2018, quando però i post pubblicati erano stati appena 6 nell’arco dei 12 mesi). Più che un consuntivo, è una testimonianza della rinnovata dedizione con cui dallo scorso anno ho ripreso a dedicarmi al blog, e che spero di conservare anche nel corso del 2021. Questo malgrado il traffico generato sia davvero marginale rispetto ai volumi di un blog anche solo medio: nel corso di questi 8 anni di attività ho cercato più volte di variare la dieta dei contenuti, con l’intenzione di intercettare fasce sempre più ampie di lettori, a volte focalizzandomi su argomenti molto settoriali, altre cercando di offrire la maggior varietà possibile. Ammetto che entrambe le strade non hanno portato a particolari benefici in termini di pubblico intercettato: da un paio di anni i lettori che seguono queste pagine si contano in una ventina al giorno di media; voi sapete chi siete, e io vi ringrazio per l’attenzione con cui seguite roba che, in ultima istanza, potrei scrivere a mio esclusivo uso e consumo.

Veniamo quindi a ciò di cui abbiamo parlato nel 2020, con diverse piacevoli scoperte in termini di visioni e letture, in alcuni casi recuperi di visioni e letture degli anni passati, e sicuramente molto meno liete notizie di cronaca dal mondo là fuori:

A cui vado ad aggiungere le pagine sulla pandemia, che hanno monopolizzato l’attività di Holonomikon per buona parte della primavera scorsa, e l’elogio di Diego Armando Maradona, tra le altre cose che il 2020 si è portato via.

Apro qui un inciso. Maradona non è stata l’unica perdita a livello personale (chi vuol capire, capisca; a chi non vuol capire, è inutile che provi a spiegarlo). Ognuno di noi conosce i pezzi di sé che il tempo si porta via, ma finiamo per accorgerci sempre troppo tardi dell’importanza delle presenze che eravamo abituati a dare per scontate nelle nostre esistenze. Solo di fronte all’assenza ci rendiamo conto, ogni volta, immancabilmente, che tutto ciò che possediamo davvero sono i ricordi dei momenti trascorsi insieme, mentre cresciamo e scopriamo la vita, mentre invecchiamo e cerchiamo di prepararci all’inevitabile, e non saremo mai davvero pronti abbastanza quando verrà il momento di salutarci. E sicuramente non c’è niente di peggio di non poter nemmeno salutarsi, prima di intraprendere l’ultimo viaggio.

Tornando al blog, quest’anno ho inaugurato una nuova categoria di micropost. L’ho chiamata Microverso, sia per le dimensioni dei contributi, sia per la fonte: sono schegge del mondo fantastico visto con gli occhi di un bambino di quattro anni (nella fattispecie, non faccio altro che trascrivere le uscite di mio figlio Samuel).

Tra le cose pubblicate fuori dal blog negli ultimi 12 mesi, vale senz’altro la pena segnalarvi gli articoli apparsi su Quaderni d’Altri Tempi. In particolare:

Sul fronte della narrativa, le soddisfazioni non sono mancate. Da una parte Red Dust, un mio vecchio racconto ripubblicato lo scorso anno dopo una profonda revisione, mi è valso il primo Premio Italia in carriera per la narrativa: essendoci arrivato dopo una dozzina di finali senza risultati degni di nota, è un traguardo e, a suo modo, probabilmente un record. Ma nel corso dell’anno sono riuscito anche a dare alle stampe ben cinque lavori a cui sono particolarmente legato:

  • Due racconti sono usciti per pubblicazioni prestigiose, che hanno aggiunto importanti tasselli all’immaginario distopico nostrano: Prometheus Post Mortem su Lo Zar non è morto, terza antologia del progetto Next-Stream, stavolta a cura di di Lukha B. Kremo e Nico Gallo (Kipple); Al servizio di un oscuro potere su Distòpia, il Millemondi estivo di Urania curato da Franco Forte (Mondadori).
  • Un terzo racconto è stato ospitato sul numero 13 di Futuri, la rivista italiana di future studies curata da Roberto Paura: s’intitola La sindrome di Kessler e parla di rifiuti orbitali, cambiamenti climatici, mercato del lavoro e geopolitica (Italian Institute of the Future).
  • Finalmente ha visto la luce Cronache dell’Armageddon, un’antologia che ho avuto il privilegio di curare con Alessio Lazzati, riunendo un team di autori straordinari, che hanno messo le rispettive penne e tastiere al servizio di questa operazione in ricordo di un maestro scomparso troppo presto, Sergio “Alan D.” Altieri (Kipple).
  • E, infine, Carmine Treanni ha ripubblicato per CentoAutori Terminal Shock, un mio romanzo di alcuni anni fa, rivisto per l’occasione e finalmente approdato sulla carta dopo essere rimasto sospeso in un limbo a seguito della chiusura della casa editrice che lo aveva pubblicato in formato elettronico.

Per quanto riguarda le letture, Anobii mi sbatte in faccia la triste realtà dei numeri: nel 2020 ho letto appena 13 libri, per un totale di 3.492 pagine, la metà dello scorso anno e mai così pochi dal 1998. Di sicuro mancano all’appello molti volumi, diversi anche sostanziosi per paginazione, la cui lettura porto avanti da diversi mesi intervallandola con i libri destinati a recensioni o progetti più ampi, e nel novero mancano gli articoli su rivista (in particolare Le scienze, che dopo le decine di numeri accatastati negli anni ho ripreso a esaminare con una certa costanza) e i racconti usciti in antologie, di cui di solito leggo solo i contributi che sono di mio interesse per l’immediato. Ma è indubitabile che mai come negli ultimi due anni il tempo che posso dedicare al piacere della lettura è andato riducendosi, diventando un vero e proprio privilegio. Spero di invertire la rotta nei prossimi mesi, anche se sono costretto a nutrire un forte scetticismo a riguardo.

Dove la rotta non è stata di certo invertita, malgrado i propositi di inizio 2020, è nell’acquisto dei volumi cartacei, che ormai hanno ridotto lo spazio vitale del nostro appartamento a una cubatura minima indispensabile: oltre la soglia attuale, si corre il rischio concreto di un conflitto domestico. La soglia dei 30 libri che mi ero imposto di comprare come tetto massimo delle edizioni cartacee è stata polverizzata da ben 53 acquisti, e anche se si tratta per la maggior parte di tascabili, presto sarò costretto a «delocalizzare» parte del bottino. Per il 2021 non posso quindi evitare di rinnovare i propositi, pur nella consapevolezza di finire inevitabilmente per infrangerli.

Malgrado sia ancora a meno di un quarto del lavoro finale, l’inventario della biblioteca domestica mi ha sicuramente aiutato a contenere gli acquisti cartacei, evitando il peggio fin da quest’anno. Anche se hanno rappresentato solo in parte l’occasione per smaterializzare la biblioteca cartacea, i 60 e-book acquistati nel 2020 mantengono in crescita il trend degli acquisti digitali per anno. Nel 2021 cercherò di fare meglio.

L’altro proposito tradito dell’anno è la conclusione del romanzo che avevo iniziato a scrivere nel 2019. La stesura ha fatto progressi ma probabilmente il lavoro finale avrà un respiro diverso e dovrebbe diventare una novella, il che dovrebbe consentirmi di massimizzare la resa dell’idea evitando inutili dispersioni. Il materiale in esubero potrebbe costituire un eventuale seguito delle stesse dimensioni, chi vivrà vedrà. Nel frattempo non è che abbia lavorato solo a togliere, perché in cantiere è stato messo anche il progetto di un nuovo romanzo (o ciclo di novelle, anche in questo caso si vedrà) a sfondo discronico (ehm… come sarebbe a dire che non sapete di cosa sto parlando?), sulla cui documentazione mi sono già portato abbastanza avanti (ne riparleremo, inevitabilmente, nei prossimi mesi).

E prima di concludere lasciatemi dire che è stato un enorme onore aver ospitato sulle pagine di Next-Station due magnifici racconti a firma di due dei padri fondatori del connettivismo come Marco Milani e Lukha B. Kremo. Se non li avete ancora letti, approfittate di questi giorni di tregua dal trambusto quotidiano per recuperarli di corsa: daranno un senso diverso alle vostre letture da vacanza.

Evito qualsiasi augurio per il 2021, visto come sono andati a finire gli auspici per il 2020. Ma mai come adesso pensiamo ai nostri affetti, alla salute nostra e dei nostri cari, a chi sentiamo vicino in forme che quasi mai possono prevedere la prossimità fisica. Pensate a voi stessi, ma in un modo che faccia bene anche agli altri. Anch’io ci proverò. E per il momento è tutto.

Passo e chiudo. A rileggerci nel 2021.

La gestazione di Terminal Shock è stata lunga, passando per riscritture, revisioni, sviluppi, almeno dal 2008 e fino all’uscita nel 2013, nella rimpianta collana Raggi curata da Luigi Acerbi per Mezzotints eBook. Quando la casa editrice ha chiuso i battenti, della novella (uscita come da politica editoriale della casa solo in formato elettronico) si sono perse le tracce, finché quest’anno Carmine Treanni non ha pensato di propormi una riedizione per CentoAutori.

Per me è stata l’occasione per fare un tuffo nel passato e, riprendendo in mano il testo, ho pensato di includere alcune «espansioni» per agevolare il senso dell’orientamento del lettore, che spero apprezzerà.

Il libro è già in circolazione da alcune settimane, acquistabile un po’ ovunque online e ordinabile in libreria se già non disponibile. Non aggiungo altro. Solo la nuova quarta.

2023: un segnale di origine sconosciuta viene intercettato dal programma SETI. La Sequenza è di evidente natura artificiale, ma la sua origine è un enigma che sfida la scienza e la ragione. 2180: l’umanità è una civiltà interplanetaria e nelle turbolente fasi della sua espansione nello spazio si è scissa in numerose fazioni. La loro rivalità alimenta un clima da guerra fredda, ma la scoperta di una struttura artificiale nella nube di Oort rappresenta un valido motivo per unire le forze intorno all’interesse comune. Chi sono i costruttori di Terminus e dove sono adesso? Qual era lo scopo della misteriosa megastruttura spaziale che hanno abbandonato ai confini estremi del sistema solare? Quando la storica missione di contatto con la stazione aliena fallisce, la più potente astronave militare mai uscita dai cantieri orbitali scompare nel nulla.
Viene organizzata una spedizione di soccorso per scoprire cosa è andato storto. Questa è la sua storia.

Seconda segnalazione robotica in meno di una settimana, per annunciarvi che è uscito il numero 90 della leggendaria rivista di fantascienza fondata da Vittorio Curtoni e attualmente diretta da Silvio Sosio, e che tra le sue pagine ha trovato in extremis confortevole asilo anche il mio articolo-moloch sullo sviluppo semiotico dell’utopia. Perché se è vero che il blog è impermanente per definizione, come tutto quello che è codificato in pacchetti di bit in un server oceanico da qualche parte, le pagine di Robot sono per sempre.

E così ci siamo. L’attesa è finita. Preceduto dal libro evento del 2019 (asso pigliatutto all’ultima edizione del Premio Italia), annunciato in pompa magna, accompagnato da una campagna promozionale come raramente se ne vedono in Italia quando si parla di fantascienza (e chissà perché ancor più quando si tratta di fantascienza italiana… se non quando la fantascienza è il pretesto per allenare la consolidata virtù italica del velleitarismo coloniale), è il momento del Millemondi dell’estate 2020: Distòpia.

Curata ancora una volta da Franco Forte, impreziosita come sempre da una cover memorabile di Franco Brambilla e completata da una postfazione di Carmine Treanni sulla strana attrazione che esercita “il peggiore dei mondi possibili”, l’antologia dedicata alla fantascienza scritta da autori italiani si è concentrata questa volta su un tema che, all’origine, nessuno si sarebbe di certo aspettato sarebbe stato così d’attualità al momento dell’uscita in edicola: fin dal titolo, che rifugge qualsiasi tentazione di camuffamento, a fare la parte del leone saranno i futuri avversi, i mondi allo sfascio, le società totalitarie, le piccole e grandi distorsioni – o, se preferite, perversioni – di cui l’umanità sa rendersi capace.

Dalla presentazione del volume:

Tenetevi pronti a sognare agli scenari immaginati da alcuni dei migliori scrittori della fantascienza italiana, riuniti da Franco Forte, curatore dell’antologia.

Le loro visioni vi porteranno a incontrare un androide nelle gelide miniere di Plutone, a indagare insieme a una Nativa Mentale i segreti di un’Italia virtuale (o meglio “n’Italia”post pandemia, ad aggirarvi sotto i tramonti oscuri della città di Morjegrad, preda di strani blackout.

Preparatevi a danzare con un’umanità mutilata dall’editing genetico, a inseguire ali di farfalla in un mondo prosciugato dalla vita, a far crepitare di raggi laser la neve grigia dell’inverno nucleare.

Tra le pagine di “Distòpia” scalerete i durissimi canoni estetici del riallineamento, sarete assordati dal frastuono del crollo dei grandi monumenti della Terra, andrete a caccia di emozioni forti in un mondo che ha sacrificato la privacy e il contatto umano a favore di un’inquieta sicurezza, andrete a caccia all’ispirazione insieme a uno scrittore disperato.

Potrete farvi inebriare dal fascino digitare di un/a Perfect Companion, colonizzare un pianeta meticcio e multispecie e persino perdervi in un futuro psichedelico governato da hashtag e captcha.

Per quanto mi riguarda, Distòpia giunge dopo Cronache dell’Armageddon e Lo Zar non è morto e completa un trittico che per puro caso, dopo una lavorazione di diversi mesi, è arrivato a convergere su questo scorcio di estate post-pandemica, suggellando un mese di giugno di rara produttività.

Magari del mio racconto parleremo nei prossimi giorni. Intanto, ci vediamo in edicola!

Altro appuntamento in casa Kipple, dopo quello con l’antologia tributo dedicata al ricordo di Sergio “Alan D.” Altieri la scorsa settimana. Stavolta si tratta della terza prova sul campo del nextstream, quell’approccio laterale alla fantascienza su cui abbiamo iniziato a sperimentare nel 2015 (Next-Stream. Oltre i confini di genere, il primo titolo), e che nel 2018 ha riscosso un insperato successo con il secondo volume, Next-Stream. Visioni di realtà contigue.

Dal blog dell’editore:

Lo zar non è morto è il titolo di questo volume, undici storie ucroniche, fantapolitiche o semplicemente ambientate in un “tempo fantastico” che, lette una di fila all’altra, sembrano riscrivere gli ultimi cent’anni di Storia.
Il libro è disponibile in formato cartaceo e digitale sul sito della casa editrice, nei principali store on line e nelle librerie. All’interno racconti di Giulia AbbateGiovanni De MatteoEttore MaggiFrancesco Troccoli, Daniele CambiasoSandro BattistiAlessandro ForlaniDomenico MortellaroFranco RicciardielloPee Gee Daniel e Nicoletta Vallorani. I curatori sono Lukha B. Kremo e Domenico Gallo.

Muovendo da Lo zar non è morto – Grande romanzo d’avventure, un romanzo scritto nel 1929 da un gruppo di letterati italiani provenienti da diverse correnti culturali capeggiati dal padre del futurismo Filippo Tommaso Marinetti, riscoperto nel 2005 da Giulio Mozzi ma purtroppo presto nuovamente consegnato all’oblio. I curatori partono da questa suggestione per imbastire una scorribanda ai confini tra immaginario di genere e mainstream, confezionando un’antologia di undici storie ucroniche, fantapolitiche o ambientate in un tempo alternativo “che, lette una di fila all’altra, sembrano riscrivere gli ultimi cent’anni di Storia, quel lasso temporale che ci separa dalla nascita della contemporaneità e dalla scomparsa degli Zar”.

Dalla prefazione di Lukha B. Kremo e Domenico Gallo:

E allora esistono, a fianco a noi, infiniti universi che si creano a ventaglio ogni frazione di tempo in cui infiniti fenomeni quantistici letteralmente esplodono. Ma il mondo quantistico è decisamente controintuitivo e richiede spesso uno sforzo di immaginazione per raffigurarsi “materialmente” cioè che non lo è, ciò che nega la nostra esperienza quotidiana e classica. Ebbene è come se ogni ucronia fosse l’universo duale del nostro per ogni episodio storico che conosciamo. Ma al di là di una qualche verosimiglianza fisica, l’ucronia è uno sforzo di comprendere la Storia attraverso la sua falsificazione, la nostra Storia, quella che condividiamo. È un modo per amplificarne le contraddizioni, per mettere a nudo ciò che è alla base della politica: l’occultamento della verità.

Il mio contributo è l’ultima storia che ho scritto nel 2019 ed è un racconto a cui mi legano sentimenti contrastanti. S’intitola Prometheus Post Mortem, che mi rendo conto non essere il titolo più sottile uscito dalla mia testa, ma di sicuro ne condensa bene il nucleo narrativo. Lo spunto politico di partenza non è altro che la mia crescente insofferenza per l’analfabetismo civile di tutta quell’amorfa marea populista che negli ultimi anni si è andata tingendo sempre di più, e sempre più spudoratamente, di bieche sfumature sovraniste. Non occorre nominare esponenti, capilista, portavoce, partiti o movimenti… dal racconto credo si capisca bene chi avevo in mente mentre scrivevo. Nella finzione, per dipingere una burocrazia sclerotizzata e cannibale e ritrarre la problematica resistenza non solo politica, ma anche morale, dei protagonisti, non ho potuto fare a meno di ispirarmi a quei capolavori della coppia formata da Enki Bilal e Pierre Christin che sono Le falangi dell’ordine nero e Battuta di caccia, due delle più belle storie a fumetti (e non solo) che abbia mai letto, che insieme compongono il meraviglioso dittico di Fins de siécle (1979-1983).

I protagonisti sono, per la prima volta da quando scrivo ora che ci penso, i tre componenti di una famiglia: padre, madre e figlia. Due di loro sopravvivono e architettano un piano di vendetta per onorare la memoria del terzo.

La componente fantascientifica è data da una rivoluzionaria tecnologia che promette di simulare fedelmente la coscienza umana, e che il regime dittatoriale che controlla l’immaginaria Austrasia, una federazione mitteleuropea di matrice etnica e culturale sia slava che germanica, pretende di usare per i propri scopi sinistri contro i suoi oppositori. Ancora una volta l’argomento della riproduzione della mente fornisce carburante narrativo a una mia storia (era successo, tra l’altro, proprio nella precedente iterazione di Next-Stream).

E sì, anche questa è una storia che vive di incastri, in cui la struttura è intesa a produrre una forte influenza sull’impatto emotivo della lettura, con i diversi punti di vista che si combinano tra loro in un gioco di rimandi e richiami a collegare tra di loro le diverse parti. È anche un racconto in cui c’entrano – e molto – Walter Benjamin e Dylan Thomas.

E adesso ho scritto fin troppo. L’invito spassionato, viste le altre dieci firme riunite nel volume e il sigillo dei due curatori, è a leggere l’antologia e commentarla. Un libro così nasce per sua stessa natura predisposto al dibattito. Buona lettura!

E così il 20 giugno, al termine della prima Italcon virtuale della storia, sono stati annunciati anche i vincitori dell’ultima edizione del Premio Italia. Partivamo da qui e la mia trentatreesima nomination personale in quindici anni si è tradotta nel mio secondo Premio Italia e mezzo (dopo gli articoli del 2012 sui viaggi nel tempo, scritto a quattro mani con il socio Lanfranco Fabriani, e del 2014 sulla fantascienza cyberpunk e post-cyberpunk). Anche questa volta concorrevo in una categoria amatoriale, ma stavolta il premio è arrivato per il racconto. Per la precisione questo, a cui resto molto legato.

In un certo senso, è come mantenere una promessa, ma è ancora presto per montarsi la testa.

Voglio quindi ringraziare tutti i partecipanti che hanno accordato a Red Dust le loro preferenze e Luca Bonatesta che ha scelto di ripubblicarlo nella sezione narrativa del Club GHOST, dandomi la possibilità di concorrere nella categoria dei racconti non professionali, e complimentarmi con tutti gli altri finalisti e vincitori, tra cui diversi amici. A mio parere è stata una bella edizione della Italcon, riuscita come esperimento per le modalità atipiche dello svolgimento, e impreziosita dall’idea del curatore del premio Silvio Sosio di valorizzare anche i piazzamenti tra i finalisti. Speriamo che anche questo aiuti ad allargare la platea dei votanti il prossimo anno.

Sono trascorsi tre anni da quel giorno che nessuno di noi avrebbe mai voluto vedere, ma Alan D. Altieri, Sergio per gli amici, è ancora con noi, come dimostrano due iniziative che hanno visto la luce in questa terza, triste ricorrenza.

La prima, grazie al coordinamento del formidabile trio composto da Cecilia Lavopa, Andrea Novelli e Giampaolo Zarini, è apparsa sulle pagine di Contorni di Noir, con i ricordi di una nutrita schieri di amici e autori che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui. Potete leggere i nostri contributi nei due post che li raccolgono tutti, da cui credo che emerga bene un affresco a tutto tondo di questo gigante della letteratura italiana contemporanea.

La seconda è un annuncio a cui tengo molto, perché è il frutto di un anno e mezzo di lavoro, un arco di tempo durante il quale con Alessio Lazzati abbiamo visto nascere e crescere un progetto che accarezzavamo praticamente dal giorno dopo quella tragica data di tre anni fa. Fin da subito è stato un nostro comune cruccio trovare un modo per omaggiare degnamente il ricordo di un amico e un maestro troppo importante per poter condensare in una manciata di parole la portata dell’influenza che ha esercitato su di noi. Poi nell’autunno 2018, in occasione di uno StraniMondi, Andrea Vaccaro, curatore per Kipple Officina Libraria della collana K_Noir, ci lanciò il guanto di una sfida che noi accettammo con l’entusiasmo degli incoscienti. Ed ecco il risultato.

Dal sito dell’editore:

Venti contributi tra narrativa e realtà, tra omaggio e memento, esplorano i sentieri tracciati dal bardo dell’Apocalisse; autori, colleghi, amici e familiari ricordano l’esploratore del vuoto, evocando la sua immensa disponibilità, bravura, capacità di sintetizzare intere forme di Letteratura in un’apocalittica visione creativa ogni giorno più attuale.

I racconti di Danilo AronaBarbara BaraldiUmberto BertaniItalo BoneraSandro BattistiAndrea Carlo CappiGianluca D’AquinoAlessandro DefilippiGiovanni De MatteoAlessio GalleraniGiuseppe GennaLukha B. KremoLuca Mazza & Jack SensoliniValeria MontaldiGianfranco NerozziAndrea Novelli & Gianpaolo ZariniClaudia SalvatoriDario Tonani, rendono omaggio a Der Wolf, il bardo dell’Apocalisse, l’esploratore del vuoto. Con la prefazione di Franco Forte, un ricordo di Dario C. Altieri e Adrian D. Altieri e la sontuosa copertina di Franco Brambilla.

Emerse dalle tenebre.
Memento e incubo.
Un uomo in un mantello colore delle ombre, su un cavallo da guerra colore dell’acciaio. Un viandante. Nient’altro che un viandante in nero.
Avanzò lungo la strada flagellata dalla pioggia del Giorno dei Morti. Superò i relitti di case sventrate, invase da erbacce sibilanti nel vento. L’aria era opaca, miasmatica. Vapori lividi si levavano dal lastrico di pietre, disperdendosi contro nubi simili ad antracite liquefatta. Nessuna luce arrivava sulla terra. Forse la luce aveva semplicemente cessato di esistere.

Alan D. Altieri, Magdeburg. L’Eretico (Corbaccio, 2005)

Con il consueto tempismo (ahem…), eccomi a ribloggare una notizia vecchia di quasi una settimana. Lunedì sono stati resi noti i finalisti all’ultima edizione del premio Italia. Se non si sa ancora quando verranno resi noti i vincitori (la premiazione è prevista nell’ambito di Fantàsia 2020, a San Marino, ma appare quanto meno improbabile che la manifestazione si svolgerà come programmato a metà giugno), le date certe riguardano la finestra per esprimere le proprie preferenze, che rimarrà aperta fino al 15 maggio. Nel momento in cui scrivo sono già più di 230 le schede di voto inviate, quindi questo post non ha alcuna valenza «promozionale», ma si limita a voler ringraziare tutti quelli che hanno accordato durante la prima fase un voto ai candidati connettivisti, molti dei quali approdati a contendersi l’ambito trofeo direttamente o con i progetti collettivi a cui hanno preso parte:

Illustrazione o copertina

Ksenja Laginja, Cacciatore di Sirene, Kipple Officina Libraria

Curatore

Andrea Vaccaro

Collana

Avatar, Kipple Officina Libraria

Saggio

Giovanni Agnoloni, Tolkien: la Luce e l’Ombra, Kipple Officina Libraria

Antologia

Franco Forte, Strani mondi, Urania Millemondi – Mondadori

Carmine Treanni, Altri futuri, Delos Digital

Racconto di autore italiano su pubblicazione professionale

Lukha B. Kremo, Ipersfera, Strani Mondi, Urania Millemondi – Mondadori

Racconto di autore italiano su pubblicazione amatoriale

Giovanni De Matteo, Red Dust, Club Ghost (ne parlavamo qui)

Articolo su pubblicazione amatoriale

Linda De Santi, Totalitarismi, ruoli di genere e maternità: uno sguardo alla narrativa distopica delle donne, Next Station (ne parlavamo qui)

Giovanni De Matteo, Di cosa parlate quando parlate di fantascienza?, Holonomikon

Numerosi anche i candidati che non sono entrati nella shortlist, in alcuni casi solo per pochi voti (è il caso di questo blog, che ha mancato la finale pur avendo raggranellato la bellezza di 27 segnalazioni… o di Quaderni d’Altri Tempi con 31 segnalazioni… grazie a tutti, uno per uno!).

Complimenti anche a tutti gli altri finalisti, tra cui moltissimi amici: Franco Brambilla, Carmine Treanni, Maico Morellini, Silvio Sosio, Giorgio Raffaelli e Annalisa Antonini, Giulia Abbate e Elena Di Fazio, Luigi Petruzzelli, Silvia Castoldi, Francesco Verso, Davide Del Popolo Riolo, Luca Mazza, Alessandro Vietti, Dario Tonani, Emanuele Manco, Elisa Emiliani, gli amici di Fondazione SF… e sicuramente dimentico qualcuno.

A questo punto in bocca al lupo a tutti e che vinca… uno dei migliori!

Che il 2019 sia stato un anno eccezionalmente prolifico, soprattutto per i miei standard attuali, lo dimostra il fatto che ho dovuto separare il resoconto sull’annata del blog da questo, in cui passerò in rassegna i miei contributi extra-olonomici. Nel corso dell’anno che si chiudei in queste ore ho pubblicato, in riviste, webzine e raccolte, 15 articoli (dove non specificato diversamente, su Quaderni d’Altri Tempi) e 3 racconti:

E per finire, una corposa intervista a Carmine (sempre per Delos) sul tema delle intelligenze artificiali, altro tema di cui mi sono occupato estesamente negli ultimi anni.

In sostanza, non mi posso davvero lamentare. Inoltre inseriamo nel pacchetto anche l’attesa edizione cartacea di Karma City Blues, che a quanto pare si sta destreggiando ancora abbastanza bene, e il servizio è davvero completo.

In queste ultime ore del 2019 stanno inoltre prendendo forma almeno due racconti che dovrebbero vedere la luce nel corso del 2020, in progetti piuttosto ambiziosi, e comincia a riscaldare nuovamente i motori un’antologia che andrà in rampa di lancio entro la prossima primavera. Di più al momento non posso dire, ma si tratta di tre iniziative a cui sono molto legato.

Una possibile nota di rammarico è rappresentata dal fatto che mi sarebbe piaciuto riuscire a fare molto di più per Next Station, che prima o poi dovrà decollare nuovamente. Intanto, però, abbiamo pubblicato un articolo eccellente di Linda De Santi sulla letteratura distopica delle donne, ed è stata già di per sé un’enorme soddisfazione.

Last but not least: visioni e letture. Nel 2019, dopo quasi un anno di più o meno volontario esilio, siamo tornati al cinema, ma senza vedere nulla di davvero memorabile da segnalare. Più soddisfacente è stata invece l’annata televisiva: oltre alle novità (Chernobyl, Watchmen, la terza stagione di True Detective e l’ancor più atteso, per quanto tutt’altro che soddisfacente, finale di Game of Thrones), sono riuscito finalmente a completare Halt and Catch Fire, ho avuto modo di riguardare con calma (e apprezzare) Save Me e sono giunto al giro di boa di Mr. Robot e all’ultima stagione di Breaking Bad. Prima o poi magari riparleremo delle cose di cui già non abbiamo parlato nel corso del 2019.

Quanto alle letture, stando alle statistiche di aNobii avrei letto 28 libri per complessive 6.547 pagine, ma come sempre si tratta di un’approssimazione per difetto visto che diversi titoli, tra fumetti da edicola e e-book, sfuggono alla classificazione del social network più odiato da chi legge. Motivo, tra gli altri, che mi induce a usarlo sempre meno.

Prima di chiudere, proviamo ad abbozzare una lista di propositi per il 2020? Partiamo con questi tre, che mi sforzerò di portare a termine nell’arco dei prossimi 12 mesi:

  1. Completare il nuovo romanzo, lasciato in stand-by dalla scorsa primavera
  2. Ridurre l’acquisto di nuovi libri cartacei a non più di sei rilegati e ventiquattro tascabili (impresa ardua, viste le medie degli ultimi anni, ma resa ormai necessaria dalla cubatura ormai prossima all’esaurimento delle mie librerie, che comporterà la conversione al digitale per almeno i due terzi dei titoli acquistati – negli ultimi anni circa )
  3. Completare l’inventario della biblioteca (altra impresa resa improrogabile dalla necessità di tenere traccia efficacemente dei nuovi arrivi e dei progressi di lettura, visto il servizio sempre più penoso offerto da aNobii)

A questi se ne aggiunge in realtà un quarto, ma per il momento lo lascio sospeso, non perché di difficile attuazione, ma perché legato almeno in parte alle iniziative in corso (e ai punti precedenti): negli ultimi due mesi sono già riuscito a ridurre la mia presenza sui social network fino a meno di un’ora al giorno di media su Facebook, traendone benefici dal punto di vista della gestione del tempo, delle emozioni (rabbia, frustrazione, picchi da esaltazione adrenalinica e abissi di depressione ridotti ai minimi storici) e, prevedibilmente, della produttività.

Diverse letture (alcune passate in rassegna in questo articolo, forse il più impegnativo che abbia scritto negli ultimi dodici mesi) mi hanno portato a meditare questo cambio di abitudini. L’idea è di continuare a combattere i cattivi comportamenti che assecondano il controllo del capitalismo cronofago sulle nostre giornate, portando a termine un ritiro definitivo da almeno un paio di social (per il momento la pole position è contesa proprio tra aNobii e la creatura di Zuckerberg, anche grazie alle evidenze emerse nell’ambito dello scandalo Cambridge Analytica) entro il 2021. Ma non escludo di farlo prima.

E con questo, dal mio 2019, l’anno dei replicanti e di Akira, è davvero tutto. Godetevi questi sgoccioli e passate degli splendidi momenti con chi volete e vi vuole bene. E se avete voglia di condividere il vostro bilancio del 2019 e i propositi per il nuovo anno, lo spazio dei commenti è come sempre a vostra disposizione.

Buon 2020! Ci troviamo di nuovo qui l’anno che verrà.

Su Quaderni d’Altri Tempi, è uscita oggi una lista dei preferiti (album, libri, lungometraggi e serie televisive) del 2019, selezionati tra le segnalazioni della redazione. Tra gli altri troverete anche i miei contributi, che comprendono:

  • Respiro di Ted Chiang
  • Nato nella paura di Matt Cardin/Thomas Ligotti
  • La ragazza scomparsa di Shirley Jackson
  • Scary Stories to Tell in the Dark di Alvin Schwartz
  • Watchmen
  • Chernobyl

Buona lettura!

Che anno hanno avuto Holonomikon e il suo blogger? Da quando esiste (anno di grazia 2013), il 2019 è stato l’anno di maggiore attività del blog: una cosa che non avevo preventivato, ma che ho provato a pianificare in corso d’opera al meglio delle mie possibilità. Il che mi ha permesso, tra alti e bassi, di tornare a ritmi (quasi) confrontabili con quelli del glorioso, vecchio Strano Attrattore.

Questo è infatti il post numero 107 dell’anno solare, per un totale finora di 73.462 parole, con una media di 693 parole ad articolo. Sono particolarmente affezionato ad alcune delle cose che ho pubblicato quassù nell’ultimo anno. In particolare penso ai seguenti post:

A cui si aggiungono i post più apprezzati dai lettori, premiati dal numero di visite ricevute:

A mio insindacabile giudizio, è quanto di meglio ha offerto Holonomikon nel 2019. Sarà difficile ripetersi nel 2020 e per questo è inutile e dannoso fare dei propositi che finirei inevitabilmente per tradire.

Dimenticavo, il blog ha ospitato a puntate la riedizione di Orizzonte degli eventi, uno dei miei racconti più apprezzati dai lettori, ma ormai quasi introvabile, che è tornato finalmente disponibile a partire da questo link. Storia analoga per Red Dust, che è tornato disponibile grazie all’interessamento del Club GHoST in una nuova versione, ripulita e ripotenziata. Ma questo già non riguarda più il blog ed è quindi il caso di rimandarvi, per tutto il resto, al post di fine anno.

Troppo pigro e troppo poco tempo in questo periodo per scrivere qualcosa, ma particolarmente orgoglioso di aver offerto uno spunto a questo ottimo articolo di Massimiliano Gallo, direttore del Napolista, che condivido parola per parola, sul pessimo momento che la squadra sta attraversando.

Direttive

Vivere anche il quotidiano nei termini più lontani. -- Italo Calvino, 1968

Neppure di fronte all'Apocalisse. Nessun compromesso. -- Rorschach (Alan Moore, Watchmen)

United We Stand. Divided We Fall.

Avviso ai naviganti

Mi chiamo Giovanni De Matteo, per gli amici X. Nel 2004 sono stato tra gli iniziatori del connettivismo. Leggo e guardo quel che posso, e se riesco poi ne scrivo. Mi occupo soprattutto di fantascienza e generi contigui. Mi piace sondare il futuro attraverso le lenti della scienza e della tecnologia.
Il mio ultimo romanzo è Karma City Blues.

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