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Immaginate un futuro in cui l’80% della popolazione mondiale è stato cancellato e i sopravvissuti vivono asserragliati in città che alternano distretti turistici concepiti alla stregua di un parco divertimenti (a Londra il Cheapside è stato riportato all’epoca vittoriana) e gated community sottoposte a una rigida sorveglianza per garantire la sicurezza dei loro abitanti. In questo futuro la tecnologia ha talmente stravolto le abitudini e lo stile di vita da spingere l’umanità oltre la frontiera del postumano e l’economia è nelle mani di sciacalli senza scrupoli, al cui cospetto perfino i cleptocrati della mafia russa (klepts, per usare uno dei neologismi cari all’autore) finiscono per sembrare degli onesti uomini d’affari.

E immaginate poi un altro futuro, un paio di secoli precedente a quello e un decennio al massimo davanti a noi, in cui l’America continua a essere impegnata su diversi fronti di guerra esterni, a cui i giovani senza prospettive della provincia profonda offrono un continuo ricambio di reclute, dove larghe fette del paese sono di proprietà delle multinazionali (ma non i tech titans che tutti immagineremmo, quanto colossi a bassa intensità tecnologica come la catena di supermercati Hefty Mart, ricalcata piuttosto su Walmart), se non dei trafficanti di droga, ovviamente con la complicità dei funzionari del DHS che fanno affari con loro. Questo futuro, che si distingue dal nostro solo per la diffusione delle stampe 3D e per l’adozione di innesti neurali per potenziare i riflessi dei soldati in programmi militari sperimentali, potrebbe essere una sorta di terzo mondo rispetto al futuro remoto della Londra postumana.

A separare le due epoche c’è stato il Jackpot, che come apprendiamo dopo quasi 350 pagine è un «evento antropico», ovvero provocato dagli esseri umani, “che avevano causato il problema senza averne l’intenzione e senza capire cosa stavano facendo”. Il cambiamento climatico era stato solo l’inizio, poi le cose erano andate sempre peggio, coinvolgendo l’estinzione di specie animali vitali per l’ecosistema e la diffusione di epidemie sempre sul punto di trasformarsi in grandi pandemie. Ma mentre la curva demografica veniva affossata, la tecnologia aveva vissuto un nuovo rinascimento, con l’invenzione di nuovi farmaci, la maturazione delle nanotecnologie, l’ideazione di cibo sintetico e, non ultima, l’ascesa di un nuovo costoso passatempo basato sul viaggio nel tempo.

Dilungarsi sulla trama di The Peripheral di William Gibson, romanzo del 2014 arrivato da noi con il titolo di Inverso nella traduzione – a tratti distratta, per non dire svogliata – di Daniele Brolli, è pressoché inutile. Anche se stavolta il Nostro ci concede il piacere adrenalinico di scene dall’azione concitata che per molti versi sembrano riportarci alle origini, e in particolare a quello spartiacque che la trilogia dello Sprawl rappresentò per la fantascienza, l’alienità del futuro post-Jackpot e gli effetti che i suoi «entusiasti del continuum» sono in grado di determinare nel futuro dissestato che porterà al tracollo della società sono talmente estremi da richiedere al lettore uno sforzo aggiuntivo di decodifica, per non parlare di un vero e proprio atto di fede. In fondo, è il patto che Gibson chiede sempre al lettore: lasciarsi condurre a spasso alla scoperta di invenzioni ora astruse, ora bizzarre, ora semplicemente inconcepibili per un lettore provvisto di un minimo di buon senso, riuscendo in cambio ogni volta a ripagarlo per la pazienza. Tra le trovate più degne di nota, stavolta possiamo annoverare sicuramente i neurorganici, le periferiche del titolo originale, usate per trasmettere a distanza la propria coscienza in corpi bioingegnerizzati allo scopo, oppure le Michikoidi, bambole robot con impianti militari che riscuotono un ideale credito di riconoscenza dalle bambole assassine di Ghost in the Shell, coniando un neologismo che invece fa il verso alla spietata critica Michiko Kakutani, già affilatissima penna del New York Times.

I capitoli si susseguono brevi, ricalcando anche qui lo il montaggio incrociato seguito in Giù nel cyberspazio (1986) o Monna Lisa Cyberpunk (1988), ma poi ripreso anche nella successiva trilogia del Ponte, e la scelta ha una sua ragion d’essere dal momento che ci permette di seguire il dipanarsi dell’intrigo dal doppio punto di vista dei protagonisti che vivono nelle due epoche: Flynne, la ragazza della frazione, e Wilf Netherton, il suo committente dal futuro post-Jackpot. La soluzione si rivela però anche uno dei limiti del libro, costringendo l’autore, man mano che avanza nella storia, a dedicare la prima parte di ciascun capitolo a un riassunto di quanto accaduto nel frattempo senza venire percepito dal protagonista del capitolo precedente, con una conseguente perdita di immediatezza per il lettore. Sarà interessante vedere come questa alternanza dei punti di vista sarà gestita nella serie TV messa in produzione da Amazon e affidata ai produttori di Westworld Lisa Joy e Jonathan Nolan.

Nelle dinamiche e nel titolo scelto per l’edizione italiana, sembra curiosamente di cogliere qualche risonanza con Tenet: anche in The Peripheral come nel capolavoro di Christopher Nolan abbiamo un futuro che dichiara guerra al passato, portando alle estreme conseguenze la logica predatoria del capitalismo. La componente politica è particolarmente accentuata nel romanzo di Gibson, che comunque si discosta completamente da qualunque cosa si sia vista fin qui (e quindi anche nell’innovativo Tenet) nelle dinamiche del viaggio nel tempo: al di là della strana coincidenza del titolo italiano, infatti, le due storie hanno ben poco in comune. The Peripheral mette in scena un viaggio nel tempo che è in sostanza basato solo su un trasferimento di informazioni, comunque sufficiente a determinare effetti anche su scala macroscopica, come per esempio la scalata a compagnie del passato o l’interferenza con l’economia dell’epoca. Di fatto, quello che fanno i manipolatori di mondi del futuro non è altro che traferire il colonialismo imperialista dallo spazio al tempo.

Ci sarebbe tanto da scrivere su questo libro, e non escludo di farlo un giorno. Intanto, mi piace constatare un’ulteriore interessante punto di contatto con «la Macchina di Whiterose» vista in Mr. Robot. E così è davvero come se, una volta ancora, Gibson andasse a riannodare i fili con tutto l’immaginario scaturito dalla mitopoiesi cyberpunk di cui il suo Neuromante è stato nel 1984 epicentro e punto d’origine. Questo The Peripheral, seguito nel 2020 da The Agency con il ritorno di Wilf Netherton, va a costituire il primo volume della sua quarta trilogia, del cui capitolo finale ha già anticipato (e poi smentito) il titolo, che avrebbe dovuto essere The Jackpot. Comunque si svilupperà la serie, possiamo comunque già dire di essere davanti alla sua prova migliore almeno dai tempi di Pattern Recognition.

Sono trascorsi tre anni da quel giorno che nessuno di noi avrebbe mai voluto vedere, ma Alan D. Altieri, Sergio per gli amici, è ancora con noi, come dimostrano due iniziative che hanno visto la luce in questa terza, triste ricorrenza.

La prima, grazie al coordinamento del formidabile trio composto da Cecilia Lavopa, Andrea Novelli e Giampaolo Zarini, è apparsa sulle pagine di Contorni di Noir, con i ricordi di una nutrita schieri di amici e autori che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui. Potete leggere i nostri contributi nei due post che li raccolgono tutti, da cui credo che emerga bene un affresco a tutto tondo di questo gigante della letteratura italiana contemporanea.

La seconda è un annuncio a cui tengo molto, perché è il frutto di un anno e mezzo di lavoro, un arco di tempo durante il quale con Alessio Lazzati abbiamo visto nascere e crescere un progetto che accarezzavamo praticamente dal giorno dopo quella tragica data di tre anni fa. Fin da subito è stato un nostro comune cruccio trovare un modo per omaggiare degnamente il ricordo di un amico e un maestro troppo importante per poter condensare in una manciata di parole la portata dell’influenza che ha esercitato su di noi. Poi nell’autunno 2018, in occasione di uno StraniMondi, Andrea Vaccaro, curatore per Kipple Officina Libraria della collana K_Noir, ci lanciò il guanto di una sfida che noi accettammo con l’entusiasmo degli incoscienti. Ed ecco il risultato.

Dal sito dell’editore:

Venti contributi tra narrativa e realtà, tra omaggio e memento, esplorano i sentieri tracciati dal bardo dell’Apocalisse; autori, colleghi, amici e familiari ricordano l’esploratore del vuoto, evocando la sua immensa disponibilità, bravura, capacità di sintetizzare intere forme di Letteratura in un’apocalittica visione creativa ogni giorno più attuale.

I racconti di Danilo AronaBarbara BaraldiUmberto BertaniItalo BoneraSandro BattistiAndrea Carlo CappiGianluca D’AquinoAlessandro DefilippiGiovanni De MatteoAlessio GalleraniGiuseppe GennaLukha B. KremoLuca Mazza & Jack SensoliniValeria MontaldiGianfranco NerozziAndrea Novelli & Gianpaolo ZariniClaudia SalvatoriDario Tonani, rendono omaggio a Der Wolf, il bardo dell’Apocalisse, l’esploratore del vuoto. Con la prefazione di Franco Forte, un ricordo di Dario C. Altieri e Adrian D. Altieri e la sontuosa copertina di Franco Brambilla.

Emerse dalle tenebre.
Memento e incubo.
Un uomo in un mantello colore delle ombre, su un cavallo da guerra colore dell’acciaio. Un viandante. Nient’altro che un viandante in nero.
Avanzò lungo la strada flagellata dalla pioggia del Giorno dei Morti. Superò i relitti di case sventrate, invase da erbacce sibilanti nel vento. L’aria era opaca, miasmatica. Vapori lividi si levavano dal lastrico di pietre, disperdendosi contro nubi simili ad antracite liquefatta. Nessuna luce arrivava sulla terra. Forse la luce aveva semplicemente cessato di esistere.

Alan D. Altieri, Magdeburg. L’Eretico (Corbaccio, 2005)

Mentre il lavoro dietro le quinte va avanti, qualcuno si chiederà cosa bolle in pentola. E allora ecco le prime portate arrivare dalla cucina… Cominciamo con ordine.

La prima importante novità è la nuova antologia di Kipple Officina Libraria curata da Sandro Battisti, che s’intitola La prima frontiera e nelle parole del curatore si annuncia come un’esperienza di lettura lontana dai canoni ordinari (come per altro la casa editrice ci ha abituati):

Da pochi giorni ho terminato di lavorare sulla curatela di una nuova antologia, uno strano weird con ambientazioni non umane, poste oltre le dimensioni del conosciuto e totalmente distanti dall’antropocentrismo imperante, in uscita nel prossimo autunno. Il progetto esplora cosa può spaventare l’inumano, lo strano, il diverso; nomi meravigliosi, molto importanti, sono coinvolti nel progetto.

Numerosi sono i nomi noti coinvolti nel progetto, con alcune sorprese e due ospiti d’eccezione: Danilo Arona e Bruce Sterling (tradotto da Salvatore Proietti). Il mio racconto incluso nell’antologia s’intitolerà Dharma Connection e avrà a che fare con uno strano intrigo in un mondo futuro prossimo che sta affrontando l’apocalisse cosmica e metafisica di un’invasione di mostruose creature. Sono alieni, demoni o messaggeri di una dimensione superiore? Se il punto di partenza è senz’altro una via di mezzo tra Neon Genesis Evangelion (un mio pezzo sulla nuova ondata di animazione seriale giapponese degli anni ’90 lo trovate in un numero di Robot di qualche tempo fa) e Pacific Rim, andando avanti altre suggestioni si stratificano sulla trama. Il racconto mescola così atmosfere surreali e meccanismi da spy story, sullo sfondo di una macchinazione capital-finanziaria che fornisce una chiave di lettura del racconto in termini di… iperoggetti. Più strano di così non avrei saputo cosa offrire. Se siete fan di Cigarette Burns e John Carpenter, di Alan D. Altieri e del suo techno-weird, della serie The Black Monday Murders di John Hickman e Tomm Coker, troverete probabilmente pane per i vostri denti e easter eggs a volontà.

Seconda novità, ma non meno weird, è S.O.S. – Soniche oblique strategie. Immaginario fantastico, trovate fantascientifiche e suggestioni musicali convergono nell’ultimo progetto di Mario Gazzola, che senza tema di smentita mi spingo a definire senza precedenti: un progetto folle, quello di comporre un’antologia di 8 racconti ispirati a un gioco di ruolo ideato dal produttore musicale Brian Eno durante le sessioni di registrazione di 1. Outside, uno degli album più singolari di David Bowie. Gazzola ha delineato una cornice metanarrativa che tiene insieme il tutto e va al di là delle pagine del volume edito da Arcana, che si ramifica fino al web con un sito dedicato all’eminenza occulta che muove le trame dei racconti: il produttore Brain One.

Il curatore ne parla su Posthuman.it e su Facebook potete trovare anche una pagina ricca di contenuti extra.

Per quanto mi riguarda, il mio racconto s’intitola Un grande del crack rhythm a Lagos e mi ha offerto l’occasione di giocare con un’ambientazione inedita: per questo ne ho approfittato per ridisegnare la megalopoli nigeriana nella seconda metà del XXI secolo, aggiungendo un tocco di cyberpunk e afrofuturismo, e facendone uno dei nuovi nodi strategici del panorama economico globale. Anche qui, come in Dharma Connection, c’è un intrigo dietro le quinte che vede scontrarsi due (o forse più) entità in una lotta senza esclusione di colpi per l’egemonia dei nuovi mercati. Quando una variabile imprevista entra nelle equazioni finanziarie, si genera un effetto domino che in linea con le ineludibili leggi della teoria del caos finisce per sconvolgere la vita del protagonista.

E per finire, last but not least, arriviamo a una novità che terrà banco al prossimo Strani Mondi il 12-13 ottobre… e, temo, si tirerà dietro uno strascico di polemiche infinite. L’impavido Carmine Treanni, direttore di Delos Science Fiction, si è preso la briga di selezionare quello che secondo lui rappresenta il meglio del racconto di fantascienza italiano apparso nel 2018 presso piccoli e medi editori. Un lavoro immane che ha portato alla selezione di 15 racconti per Altri Futuri, in cui il mio Cryptomnesiac apparso lo scorso anno in Next-Stream. Visioni di realtà contigue si ritrova in ottima compagnia.

Questa che vedete qui sotto è la superba copertina di Franco Brambilla.

L’altro giorno è uscita su Fantascienza.com la mia recensione all’ultimo romanzo di Alan D. Altieri: Juggernaut. Si tratta di un romanzo seminale, non solo perché innesca la nuova saga del maestro italiano del techno-thriller (una pentalogia, denominata Terminal War), ma perché impone un nuovo standard per chiunque oggi in Italia voglia confrontarsi con la scrittura di genere, e in particolare con la fantascienza.

En passant, questo articolo è anche il 300° che scrivo per Fantascienza.com (li trovate tutti in ordine quaggiù). E l’anno prossimo saranno 10 anni di collaborazione. Nel mio piccolo, comunque una milestone.

Direttive

Vivere anche il quotidiano nei termini più lontani. -- Italo Calvino, 1968

Neppure di fronte all'Apocalisse. Nessun compromesso. -- Rorschach (Alan Moore, Watchmen)

United We Stand. Divided We Fall.

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Mi chiamo Giovanni De Matteo, per gli amici X. Nel 2004 sono stato tra gli iniziatori del connettivismo. Leggo e guardo quel che posso, e se riesco poi ne scrivo. Mi occupo soprattutto di fantascienza e generi contigui. Mi piace sondare il futuro attraverso le lenti della scienza e della tecnologia.
Il mio ultimo romanzo è Karma City Blues.

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