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Immaginate un futuro in cui l’80% della popolazione mondiale è stato cancellato e i sopravvissuti vivono asserragliati in città che alternano distretti turistici concepiti alla stregua di un parco divertimenti (a Londra il Cheapside è stato riportato all’epoca vittoriana) e gated community sottoposte a una rigida sorveglianza per garantire la sicurezza dei loro abitanti. In questo futuro la tecnologia ha talmente stravolto le abitudini e lo stile di vita da spingere l’umanità oltre la frontiera del postumano e l’economia è nelle mani di sciacalli senza scrupoli, al cui cospetto perfino i cleptocrati della mafia russa (klepts, per usare uno dei neologismi cari all’autore) finiscono per sembrare degli onesti uomini d’affari.
E immaginate poi un altro futuro, un paio di secoli precedente a quello e un decennio al massimo davanti a noi, in cui l’America continua a essere impegnata su diversi fronti di guerra esterni, a cui i giovani senza prospettive della provincia profonda offrono un continuo ricambio di reclute, dove larghe fette del paese sono di proprietà delle multinazionali (ma non i tech titans che tutti immagineremmo, quanto colossi a bassa intensità tecnologica come la catena di supermercati Hefty Mart, ricalcata piuttosto su Walmart), se non dei trafficanti di droga, ovviamente con la complicità dei funzionari del DHS che fanno affari con loro. Questo futuro, che si distingue dal nostro solo per la diffusione delle stampe 3D e per l’adozione di innesti neurali per potenziare i riflessi dei soldati in programmi militari sperimentali, potrebbe essere una sorta di terzo mondo rispetto al futuro remoto della Londra postumana.
A separare le due epoche c’è stato il Jackpot, che come apprendiamo dopo quasi 350 pagine è un «evento antropico», ovvero provocato dagli esseri umani, “che avevano causato il problema senza averne l’intenzione e senza capire cosa stavano facendo”. Il cambiamento climatico era stato solo l’inizio, poi le cose erano andate sempre peggio, coinvolgendo l’estinzione di specie animali vitali per l’ecosistema e la diffusione di epidemie sempre sul punto di trasformarsi in grandi pandemie. Ma mentre la curva demografica veniva affossata, la tecnologia aveva vissuto un nuovo rinascimento, con l’invenzione di nuovi farmaci, la maturazione delle nanotecnologie, l’ideazione di cibo sintetico e, non ultima, l’ascesa di un nuovo costoso passatempo basato sul viaggio nel tempo.
Dilungarsi sulla trama di The Peripheral di William Gibson, romanzo del 2014 arrivato da noi con il titolo di Inverso nella traduzione – a tratti distratta, per non dire svogliata – di Daniele Brolli, è pressoché inutile. Anche se stavolta il Nostro ci concede il piacere adrenalinico di scene dall’azione concitata che per molti versi sembrano riportarci alle origini, e in particolare a quello spartiacque che la trilogia dello Sprawl rappresentò per la fantascienza, l’alienità del futuro post-Jackpot e gli effetti che i suoi «entusiasti del continuum» sono in grado di determinare nel futuro dissestato che porterà al tracollo della società sono talmente estremi da richiedere al lettore uno sforzo aggiuntivo di decodifica, per non parlare di un vero e proprio atto di fede. In fondo, è il patto che Gibson chiede sempre al lettore: lasciarsi condurre a spasso alla scoperta di invenzioni ora astruse, ora bizzarre, ora semplicemente inconcepibili per un lettore provvisto di un minimo di buon senso, riuscendo in cambio ogni volta a ripagarlo per la pazienza. Tra le trovate più degne di nota, stavolta possiamo annoverare sicuramente i neurorganici, le periferiche del titolo originale, usate per trasmettere a distanza la propria coscienza in corpi bioingegnerizzati allo scopo, oppure le Michikoidi, bambole robot con impianti militari che riscuotono un ideale credito di riconoscenza dalle bambole assassine di Ghost in the Shell, coniando un neologismo che invece fa il verso alla spietata critica Michiko Kakutani, già affilatissima penna del New York Times.
I capitoli si susseguono brevi, ricalcando anche qui lo il montaggio incrociato seguito in Giù nel cyberspazio (1986) o Monna Lisa Cyberpunk (1988), ma poi ripreso anche nella successiva trilogia del Ponte, e la scelta ha una sua ragion d’essere dal momento che ci permette di seguire il dipanarsi dell’intrigo dal doppio punto di vista dei protagonisti che vivono nelle due epoche: Flynne, la ragazza della frazione, e Wilf Netherton, il suo committente dal futuro post-Jackpot. La soluzione si rivela però anche uno dei limiti del libro, costringendo l’autore, man mano che avanza nella storia, a dedicare la prima parte di ciascun capitolo a un riassunto di quanto accaduto nel frattempo senza venire percepito dal protagonista del capitolo precedente, con una conseguente perdita di immediatezza per il lettore. Sarà interessante vedere come questa alternanza dei punti di vista sarà gestita nella serie TV messa in produzione da Amazon e affidata ai produttori di Westworld Lisa Joy e Jonathan Nolan.
Nelle dinamiche e nel titolo scelto per l’edizione italiana, sembra curiosamente di cogliere qualche risonanza con Tenet: anche in The Peripheral come nel capolavoro di Christopher Nolan abbiamo un futuro che dichiara guerra al passato, portando alle estreme conseguenze la logica predatoria del capitalismo. La componente politica è particolarmente accentuata nel romanzo di Gibson, che comunque si discosta completamente da qualunque cosa si sia vista fin qui (e quindi anche nell’innovativo Tenet) nelle dinamiche del viaggio nel tempo: al di là della strana coincidenza del titolo italiano, infatti, le due storie hanno ben poco in comune. The Peripheral mette in scena un viaggio nel tempo che è in sostanza basato solo su un trasferimento di informazioni, comunque sufficiente a determinare effetti anche su scala macroscopica, come per esempio la scalata a compagnie del passato o l’interferenza con l’economia dell’epoca. Di fatto, quello che fanno i manipolatori di mondi del futuro non è altro che traferire il colonialismo imperialista dallo spazio al tempo.
Ci sarebbe tanto da scrivere su questo libro, e non escludo di farlo un giorno. Intanto, mi piace constatare un’ulteriore interessante punto di contatto con «la Macchina di Whiterose» vista in Mr. Robot. E così è davvero come se, una volta ancora, Gibson andasse a riannodare i fili con tutto l’immaginario scaturito dalla mitopoiesi cyberpunk di cui il suo Neuromante è stato nel 1984 epicentro e punto d’origine. Questo The Peripheral, seguito nel 2020 da The Agency con il ritorno di Wilf Netherton, va a costituire il primo volume della sua quarta trilogia, del cui capitolo finale ha già anticipato (e poi smentito) il titolo, che avrebbe dovuto essere The Jackpot. Comunque si svilupperà la serie, possiamo comunque già dire di essere davanti alla sua prova migliore almeno dai tempi di Pattern Recognition.
Leggendo tra le righe del post di sabato, qualcuno avrà notato che a rigor di logica le novità non sono tre ma quattro, e quindi eccoci qui a svelare il quarto annuncio per l’autunno: a distanza di un anno dalla sua uscita in e-book, finalmente Karma City Blues conoscerà una incarnazione cartacea nella collana Odissea Fantascienza di Delos Digital. Dopo le finali al Premio Italia e, imprevedibilmente, all’ESFS Award, la storia di Rico Del Nero e della metalogica Hanuman, sullo sfondo postumano della Città del Karma, vedrà quindi la luce una seconda volta.
Se vi servisse un piccolo incoraggiamento, non trovo di meglio che riportare un estratto.
Un riflesso sui suoi occhiali mi nascose alla vista gli occhi di Valentina per una frazione di secondo e allora capii che era intenta a eseguire dei comandi sui suoi Glass-x, per richiedere le autorizzazioni necessarie e impartire le istruzioni relative alla mia richiesta.
– Abbiamo acceso cinque diverse linee di credito per consentirle di sostenere le spese necessarie – assicurò. – Le abbiamo appena trasmesso i codici di accesso. – Una notifica prese forma e scomparve in un angolo dei Glass-x. – Sono collegati con il suo q-id. Autenticazione fisica a tre fattori tramite impronte digitali, traccia nanoscopica e riconoscimento retinico, attive a partire da questo momento.
– Bene. Avrò bisogno anche di armi. Automatiche e di precisione. Armalite, se possibile. Pistole Glock da assalto. Qualche granata. tnt a scaglie o miscele esogene ricristallizzate, non sono al corrente delle ultime novità presenti sul mercato. Niente che possa dare nell’occhio, comunque.
– Vedo… – fu il commento sardonico di Valentina, mentre prendeva nota scrupolosamente.
– E nanosomi disindividuanti programmabili per l’alterazione della fisionomia e del riconoscimento informatico. Ah… dimenticavo. Mi ci vorrà anche un intervento di chirurgia un po’ invasiva.
Valentina distolse lo sguardo dal desktop virtuale su cui stava appuntando la lista della spesa. Il wetware le permetteva di sintonizzare la sua volontà con il word-processor del dispositivo portatile. Niente tastiera virtuale, per lei – qualsiasi ritardo avrebbe comportato una imperdonabile inefficienza. Il suo era di fatto un dettato telepatico. – Quanto invasiva?
– Dovrò impiantarmi tutto il necessario per una neuroscansione – spiegai.
– È uno scherzo? – Schemi comportamentali, predisposti ad hoc dall’ufficio di formazione del personale della sua vera compagnia, ne tenevano il tono di voce modulato sul livello di un cortese scambio di vedute. Era assertiva, parlava con fermezza.
– Sono serissimo.
– A cosa le può servire l’armamentario di un necromante?
– Mi assecondi, la prego. – Il suo sguardo scettico non subì il minimo mutamento. – In azione – improvvisai allora, – l’imprevisto è sempre in agguato. Inoltre, i collaboratori che ho in mente vorranno delle garanzie per lasciarsi coinvolgere nell’affare. Lo consideri come un piccolo incentivo. Non chiedo lo stato dell’arte: mi accontenterò di tecnologia sorpassata, purché ancora efficace.
– Altro?
– Una piccola modifica ai banchi di memoria. Avrò bisogno di un innesto mnemonico flesh provvisto di una linea ridondante interfacciata direttamente alla corteccia per il riconoscimento visivo e linguistico. Un buffer di bypass dovrebbe fare al caso nostro. Il mio impianto è stato inibito dalla SmartCorr.
– Avremo bisogno di tempo per preparare l’intervento. Ne servirà poi altro per il decorso postoperatorio… Non credo che…
– Voi penserete ai preparativi – tagliai corto. – Del recupero lasciate che mi preoccupi io.
Per la prima volta mi parve di cogliere una fugace ombra di esasperazione sul viso della mia interlocutrice. Si sfilò gli occhiali, li posò sulla scrivania e mi fissò dritto negli occhi, inclinando appena la testa, come a voler prendere meglio la mira sul nucleo profondo della mia anima. Se cercava l’haragei[1] stava guardando un mezzo metro abbondante troppo in alto. Se poteva accontentarsi della ghiandola pineale, si trovava invece sulla strada giusta.
Disse: – Nient’altro?
Avevo una vita nuova, nuovi amici e un’intera gamma di nuove esperienze da affrontare, per tacere delle occasioni che ero pronto a cogliere. Decisi che potevo accontentarmi.
– Nient’altro.
[1] Nelle arti marziali giapponesi, centro di gravità, baricentro delle energie vitali che permette al praticante di avvertire una minaccia e anticipare la mossa dell’avversario. Il termine indica anche una competenza nella comunicazione interpersonale, consistente nell’abilità di trasmettere pensieri ed emozioni tenendole implicite nella comunicazione verbale: si tratta di una forma di retorica che si prefigge di esprimere le reali intenzioni e la verità sottesa al linguaggio attraverso le implicazioni, una pratica ritenuta molto difficile da acquisire per i non giapponesi.
Dalla quarta di copertina:
La baia di San Francisco affollata di cadaveri abbracciati, ali d’angelo tatuate sulla pelle. Uomini alle prese con l’inaudito: Tanner, Carlucci e gli altri sanno che l’equazione in grado di risolvere l’incognita contiene troppe varianti… Nel mondo di tecnologie corrotte e macchine proteiformi dove vivono, qualcuno cerca di giocare una carta estrema per riscrivere col sangue la storia della città. “La San Francisco di Richard Paul Russo, a metà del XXI secolo, è popolata di angeli assassini, cyborg, e poliziotti dal karma molto negativo. Una città disperatamente romantica” (Ursula K. Le Guin).
Riprendendo così lo strillo della Le Guin che accompagnava la prima edizione italiana del 1998, nell’ottobre 2014 tornava nelle edicole Angelo meccanico di Richard Paul Russo. L’autore californiano, classe 1954, residente a Seattle dal 2010, aveva esordito nel 1988 con Inner Eclipse e già l’anno successivo si era aggiudicato il prestigioso Philip K. Dick Award con la sua seconda fatica, Subterranean Gallery (entrambi rimasti inediti nel nostro paese). Con L’astronave dei dannati (Ship of Fools, 2001, tradotto anch’esso da Urania nel 2002) Russo avrebbe poi bissato il successo, diventando uno dei tre soli autori, in compagnia di Tim Powers e Stephen Baxter, ad aver doppiato l’affermazione al Dick Award, riconoscimento riservato al miglior paperback di fantascienza pubblicato l’anno precedente nel mercato USA. Ad oggi il suo ultimo lavoro risulta The Rosetta Codex, del 2005.
Tra i due premi Dick, negli anni ’90 escono negli Stati Uniti (e a stretto giro in Italia) tre romanzi che potremmo classificare come future noir, dalle forti ascendenze cyberpunk sebbene Russo, proprio come altri autori della sua generazione (pensiamo a Kim Stanley Robinson, forse il più grande di tutti, ma anche a John Kessel, di certo il più agguerrito), finì presto associato al cosiddetto movimento umanista (literary humanist, o anche new humanist) che, forse un po’ pretestuosamente, indubbiamente in maniera arbitraria, sorse intorno alla metà degli anni ’80 in contrapposizione al gruppo di Mirrorshades. En passant, il primo ad azzardare la distinzione fu Michael Swanwick in un articolo molto citato e altrettanto controverso, A User’s Guide to Postmoderns, ritrovandosi poi lui stesso associato, in una sorta di contrappasso, sia agli uni che agli altri (la più completa panoramica del cyberpunk apparsa in Italia, curata da Piergiorgio Nicolazzini per l’Editrice Nord, include non a caso un suo romanzo breve dal titolo L’uovo di grifone).
Tornando a Richard Paul Russo e ai suoi lavori degli anni ’90, questi tre romanzi vanno a comporre in senso abbastanza lato una trilogia e sono di fatto conosciuti come la serie del tenente Carlucci:
- 1992: Destroying Angel (Angelo meccanico, Urania, prima edizione n. 1351 nel 1998, ristampa n. 1511 nel 2014)
- 1995: Carlucci’s Edge (Cyberblues – La missione di Carlucci, Urania n. 1374, 1999)
- 1997: Carlucci’s Heart (Frank Carlucci Investigatore, Urania Speciale n. 11, 2000)
Frank Carlucci è un poliziotto della Omicidi che lavora a San Francisco in un prossimo ma imprecisato futuro. La città della Baia è molto cambiata da come la conosciamo noi: è un agglomerato urbano cresciuto a dismisura con le proprie contraddizioni, in cui non esistono quasi più zone sicure a parte l’enclave sorvegliata del Distretto finanziario, e in cui si può finire ammazzati solo per essere usciti all’ora sbagliata o senza l’adeguata protezione. Bande di varia natura imperversano per le strade: fanatici religiosi come i Veri Millenaristi, piccoli delinquenti come i massacratori che scorazzano sulle loro tavole a sospensione, e tribù esotiche ma non meno inquietanti come gli Screamers, che in un atto estremo di protesta contro la società hanno rinunciato alla parola saldandosi chirurgicamente le labbra. Cuore di questo inferno urbano è il Tenderloin, il vecchio quartiere del vizio e della corruzione, che è diventato una sorta di “zona proibita”, da cui le forze di polizia e le autorità sono esiliate. Il Tenderloin ha trovato l’equilibrio in una forma estrema di autogestione: è di fatto una zona franca, la cui economia si regge su attività che fuori dai suoi confini sarebbero ritenute illecite, dal commercio di stupefacenti al traffico di organi.
Ancora più in profondità si apre la voragine di caos del Centro, le porte dell’inferno da cui chiunque abbia ancora un minimo senso di autoconservazione cerca di tenersi alla larga. È quaggiù che sembra essersi rintanato il Killer delle catene, che per una stagione di terrore durata anni aveva seminato vittime nella Bay Area, legando i cadaveri con catene di argento saldate ai corpi e tatuando piccole ali di angelo nelle loro narici, giocando con la polizia come un gatto col topo.
Quando l’ondata di omicidi si era arrestata, tutti avevano pensato che il serial killer fosse morto, ma adesso la polizia ha ricominciato a recuperare altri cadaveri incatenati dalla Baia e così Carlucci, che non può scoprirsi più di tanto, ingaggia un suo vecchio collega come galoppino. Louis Tanner, che tre anni prima era andato vicino a rimetterci la pelle durante una perquisizione in cui aveva perso la vita il compagno di pattuglia, ha lasciato la polizia e da allora sopravvive barcamenandosi sulla sottile linea di confine tra la legge e l’illegalità, contrabbandando forniture mediche con la stazione spaziale di New Hong Kong.
È questo lo spunto da cui parte Angelo meccanico, che in effetti vede Carlucci come semplice comprimario di Tanner, vero protagonista della storia, ossessionato dagli incubi del proprio passato da sbirro e ancora perseguitato da alcuni drammi personali irrisolti, inclusa la morte della sua ragazza. Per uno scherzo del destino Tanner s’imbatte in Sookie, una bambina di strada che vive di stratagemmi e che somiglia incredibilmente proprio a Carla, al punto da poterne essere la figlia, se Carla non fosse morta prima che Sookie nascesse. Le loro storie s’intrecciano in un meticoloso montaggio parallelo, condotto da Richard Paul Russo con precisione cronometrica e rigore assoluto, fino a uno scioglimento tutt’altro che scontato.
Ho potuto recuperare il libro grazie alla provvidenziale ristampa nei Capolavori di Urania, e dopo averlo letto mi permetto di dire che la decisione di ripubblicarlo è stata quanto mai opportuna: Angelo meccanico non sarà forse un capolavoro del genere, ma è senz’altro uno di quei lavori in grado di alzarne la qualità percepita, sia dai fan che dai lettori occasionali. Per di più, mentre si accinge a sbarcare su Netflix la serie evento tratta dai romanzi di Richard K. Morgan incentrati sul personaggio di Takeshi Kovacs, vale la pena rilevare come Altered Carbon (in italiano tradotto da Vittorio Curtoni e uscito per la Nord con il titolo Bay City) condivida con la serie di Carlucci alcuni spunti di comune interesse, come l’ambientazione nella Bay Area, la violenza estrema del contesto urbano e dei personaggi fortemente caratterizzati attraverso un passato che non riescono in nessun modo a lasciarsi alle spalle. Per quanto abbia un buon ricordo di Cyberblues – La missione di Carlucci, letto alla sua uscita nel lontano 1999, non ho mai avuto l’occasione di imbattermi nel terzo romanzo per completare la serie, quel Frank Carlucci Investigatore uscito in una collana speciale e per questo forse meno facile da trovare nel mercato dell’usato. Non posso quindi fare altro che augurarmi che Urania prosegua su questa linea e decida di riproporre presto ai suoi lettori anche gli altri due volumi, strettamente incentrati sulle vicende private e professionali del tenente Carlucci.
Sarebbe una splendida notizia per i suoi aficionados e, credo, anche per stuzzicare i lettori più intrepidi delle collane sorelle.
Carlucci fece una breve, aspra risata. – Sai che sorpresa, Tanner. Senti, non lo metto in discussione, ma c’è una cosa che dovresti ricorda.
– Sì? Cosa?
– Che è il solo mondo che abbiamo.
Se come me avete apprezzato (o apprezzerete) Angelo meccanico, potrebbero piacervi anche i seguenti titoli.
Letture consigliate
- Richard Paul Russo, Cyberblues – La missione di Carlucci, Mondadori, Urania n. 1374, 1999
- Richard Paul Russo, Frank Carlucci Investigatore, Mondadori, Urania Speciale n. 11, 2000
- Alan Dean Foster, Il meridiano della paura, Mondadori, Urania n. 1518, 2007
- James E. Gunn, Gli immortali, Mondadori, Urania n. 1506, 2006
- K. W. Jeter, Noir, Fanucci, Solaria n. 1, 2000
- Marco Minicangeli, Uomo n, Mondadori, Segretissimo n. 1566, 2010
- Maico Morellini, Il re nero, Mondadori, Urania n. 1676, 2011
- Richard K. Morgan, Bay City, Tea Due, 2006
- Richard K. Morgan, Angeli spezzati, Editrice Nord, 2005
- Richard K. Morgan, Il ritorno delle furie, Editrice Nord, 2008
- Alan E. Nourse, Medicorriere, Mondadori, Urania n. 876, 1981
- Jack O’Connell, Il verbo si è fatto carne, Garzanti Libri, 2000
- Masamune Shirow, The Ghost in the Shell, Star Comics, Perugia, 2017
- Masamune Shirow, Ghost in the Shell 2: Man Machine Interface, Star Comics, Perugia, 2004
- Michael Marshall Smith, Ricambi, Garzanti Libri, 1999
- Dario Tonani, Infect@, Mondadori, Urania n. 1521, 2007
- Dario Tonani, Toxic@, Mondadori, Urania n. 1574, 2011
- Dario Tonani, L’algoritmo bianco, Mondadori, Urania n. 1544, 2009
- Nicoletta Vallorani, Il cuore finto di DR, Mondadori, Urania n. 1215, 1993
- Nicoletta Vallorani, DReam Box, Mondadori, Urania n. 1308, 1997
- Nicoletta Vallorani, Eva, Einaudi, 2002
- Francesco Verso, E-Doll, Mondadori, Urania n. 1552, 2009
Visioni consigliate
- Laeta Kalogridis, Altered Carbon, Netflix, 2018 (streaming)
- Ridley Scott, Blade Runner, Warner Bros, 2011 (home video)
- Denis Villeneuve, Blade Runner 2049, Universal, 2018 (home video)
- Tony Maylam e Ian Sharp, Detective Stone, Mondo Home Entertainment, 2005 (home video)
- Mamoru Oshii, Ghost in the Shell, Dynit, 2017 (home video)
- Mamoru Oshii, Ghost in the Shell – Innocence, Terminal Video Italia, 2012 (home video)
- Josef Rusnak, Il tredicesimo piano, Universal, 2010 (home video)
- Kathryn Bigelow, Strange Days, Twentieth Century Fox, 2010 (home video)
Il numero 300 della serie dedicata all’Agente Speciale Alfa, in edicola dalla settimana scorsa, mi ha dato l’occasione per riprendere in mano un albo di Nathan Never a distanza di quasi un anno dall’ultimo. Se quella volta si era trattato di un vero e proprio revival, in questo caso è stata la ricorrenza del numero tondo, che anticipa di un mese il 25simo anniversario del primo numero, a imporre l’acquisto all’appassionato di vecchia data.
Da tempo, devo ammettere, ho un rapporto ambivalente verso la creatura di Medda, Serra e Vigna: all’affetto verso un’opera che ha segnato il mio personale cammino di scoperta della fantascienza – in particolar modo quella letteraria, grazie ai rimandi disseminati soprattutto nel primo centinaio di numeri e negli speciali – è subentrata col tempo una certa stanchezza, determinata dal progressivo e inesorabile scivolamento delle storie verso schemi sempre più ripetitivi e soprattutto distanti dalla frontiera “speculativa” del genere. In larga misura, credo che il mio allontanamento da Nathan Never sia stato un effetto della strategia perseguita dalla Bonelli per riconquistare un pubblico giovane – talvolta, mi azzarderei a dire, tentata anche con modi maldestri, laddove tavole sempre più povere, un character design ben al di sotto di un livello vagamente accettabile e storie senza mordente sembravano davvero rivolgersi a un pubblico senza pretese.
Di tanto in tanto mi è capitato in questi anni di prendere qualche volume, alla ricerca di una scintilla che ravvivasse l’antico interesse, ma il circuito purtroppo non si è mai chiuso. Stavolta, al di là della ricorrenza, c’è da dire che avevo un’altra validissima ragione per non lasciarmi sfuggire l’albo: il sodalizio tra Bepi Vigna (il più incline del trio dei creatori alle tematiche cyberpunk, da sempre nelle mie corde) e Roberto De Angelis (ex copertinista della serie e in assoluto il mio disegnatore preferito dell’Agente Alfa… provate Doppio futuro, il primo Gigante, per toccarne con mano la bravura). Proprio loro era la firma dietro la mia prima storia di Nathan Never, Vendetta Yakuza, inclusa nel primissimo Almanacco della Fantascienza. Così eccomi a parlarvi di Altri mondi, l’albo che segna lo storico traguardo del 300° numero per il nostro eroe.
La storia, in due battute, vede Nathan Never e Legs Weaver alle prese con un gruppo di hacker sospettati di un attacco terroristico che ha lasciato la Città al buio. In realtà dietro le loro azioni si nasconde una motivazione più profonda, legata a un esperimento scientifico che definire all’avanguardia sarebbe riduttivo. Altri mondi si inserisce nel solco delle storie da anniversario, che spesso hanno messo il protagonista di fronte alla fallacia delle apparenze e alla fragilità delle fondamenta del mondo percepito da lui e dal lettore: ricordiamone due tra le più belle, Il numero cento (della stessa coppia di autori) e Infiniti universi (con Michele Medda in cabina di regia al posto di Vigna). Si avvicina il numero 300 ai suoi predecessori? Purtroppo la risposta è negativa: la trama si regge su pretesti piuttosto deboli e in particolare indulge troppo – per i miei gusti – nella gabbia di scrittura collaudata dell’accademia Bonelli. L’intersezione tra l’indagine poliziesca e il risvolto metafisico-escatologico di questa trama è forse il vero punto critico di una storia che sembrava nascere con ben altre ambizioni.
In fin dei conti, a quanto mi risulta è la prima volta che vediamo trattato in un fumetto il paradigma olografico, ed è senz’altro un punto di merito che il primato tocchi a uno dei campioni del fumetto popolare italiano. Ma al di là di qualche nome ricalcato sui veri artefici della teoria (tra gli altri: Louis de Broglie, David Bohm, Karl Pribram e Alain Aspect), il resto sono «spiegoni» un po’ generici buttati lì su un fondale letteralmente preso in prestito da Matrix. Quello dei prestiti/omaggi è sempre stato un tema controverso nei fumetti Bonelli (ma non solo): chi scrive li trova accettabili se finalizzati a veicolare idee e concetti altrimenti difficili da far digerire al lettore, altrimenti tende a declassarli alla categoria del ricalco fine a se stesso. Purtroppo, malgrado la maestria di De Angelis esaltata dai colori di Francesca Piscitelli, sembra che intere sequenze non siano altro che il remake del kolossal delle Wachowskis. Considerato il potenziale di partenza e l’audacia mostrata da Vigna, è un peccato che lascia con l’amaro in bocca, perché alla fine della fiera sono pressoché certo che, distratto dalla magnificenza della messa in scena, difficilmente il seguace del fumetto troverà in queste tavole una qualche motivazione per grattare la superficie e approfondire gli spunti teorici diluiti nella trama. E il peccato è tanto più grave se si considera la voglia di osare, con un’apertura inedita alle frontiere della fisica teorica dalle pagine del fumetto popolare (e fonte di ulteriore stupore è che il fumetto prescelto sia stato Nathan Never anziché il ben più attento Martin Mystère).
Occasione sprecata, dunque? Forse non del tutto. Proprio oggi viene inaugurata in edicola una nuova miniserie dedicata all’Agente Speciale Alfa, sotto la firma proprio del duo Vigna/De Angelis: come annuncia il curatore Glauco Guardigli, Nathan Never Annozero nasce da un’idea del co-creatore e consiste nella riscrittura delle “origini” del personaggio, apportando il valore aggiunto di nuovi dettagli e diversi punti di vista. Se in questo venticinquennale delle avventure di Nathan Never si deciderà di puntare sul salto di qualità, ridando al personaggio la maturità e lo spessore sacrificati nel tempo, allora questo numero 300 sarà stato un buon assaggio in attesa della portata principale. Altrimenti rimarrà una parentesi tutto sommato gradevole ma non particolarmente soddisfacente nella vita di un personaggio in crisi di credibilità, in una serie inesorabilmente avviata sul viale del tramonto.
Esiste una fantascienza degli anni 2000 o non hanno piuttosto ragione i necrofili che piangono la morte del genere ad ogni pie’ sospinto? E se è vero che la SF è tutto fuorché estinta, quali sono i titoli e i nomi da conoscere tra quelli venuti alla ribalta negli ultimi 15 anni?
A lanciarmi l’assist per parlarne è stato Valerio Mattioli, caporedattore di Prismo, e proprio su Prismo potete trovare quello che ho avuto da dire sul tema, in un articolo-moloch che altro non è che la versione condensata e leggibile di un mammut grande quasi il doppio (e che magari prima o poi troveremo il tempo di sistemare e pubblicare da qualche altra parte).
Intanto, buone letture!
Corpi spenti è in edicola ormai da dieci giorni e la sequenza di segnalazioni si allunga. Questa volta è stato il turno di Fantascienza.com, il portale italiano della fantascienza, che ringrazio attraverso le persone del direttore Silvio Sosio e del caporedattore Giampaolo Rai:
La Napoli del 2061 immaginata da Giovanni De Matteo è sempre una metropoli di stridenti contrasti. Innovazioni tecnologiche e degrado si mescolano in un insieme assediato dal kipple, la cintura di spazzatura semi-senziente che circonda la città. A peggiorare le cose un difficile momento politico. L’unità d’Italia è a rischio: trame non chiare si stanno compiendo e non sembrano preludere a nulla di buono.
Del libro, attraverso un servizio sulla presentazione tenuta a Bellaria lo scorso maggio, si è parlato anche su La Zona Morta grazie alla cronaca meticolosa e puntuale dell’amico Filippo Radogna:
“Il romanzo – ha fatto presente De Matteo – è un future noir nel quale la trovata fantascientifica è più di un pretesto e svolge un ruolo funzionale alla trama. Si tratta appunto della facoltà, concessa dall’avanzamento della tecnologia e delle conoscenze umane nel campo neurocognitivo, di passare allo scanner la memoria dei morti. Nel romanzo – ha quindi proseguito – si avverte l’influsso del cyberpunk e la stessa trovata fantascientifica dell’indagine psicografica, che ho pensato come metafora delle conseguenze rivoluzionarie di un’ipotetica Singolarità Tecnologica, ha una forte connotazione post-cyberpunk, con qualcosa di più delle sfumature post-human. Proprio dall’amalgama di questa eterogeneità culturale emerge il carattere più connettivista del romanzo”.
Dopo questo gioco ricorsivo di citazioni, torniamo in orbita thriller. Anche Thriller Café, tra i più seguiti e attenti blog dedicati alla letteratura poliziesca, in tutte le sue sfumature dal giallo al nero, ha segnalato Corpi spenti sulle sue pagine. Grazie a Giuseppe Pastore.
E infine torniamo a Thriller Magazine, che proprio oggi ospita un mio intervento sulle contaminazioni tra i generi, nel quale – ancora una volta grazie a Lucius Etruscus che mi ha suggerito l’argomento – prendo spunto dalla natura del romanzo per parlare delle affinità elettive tra crime e science fiction. Buona lettura!
Il giorno è arrivato! Da oggi potete trovare in edicola Corpi spenti: un distillato purissimo di angoscia urbana post-cyberpunk da centellinare con cura. Il volume cartaceo targato “Urania” sarà disponibile per tutto il mese di giugno, a richiesta dal vostro edicolante di fiducia. L’edizione digitale del romanzo resterà inoltre disponibile al download sui principali store on-line: Amazon, BookRepublic, IBS, inMondadori, LaFeltrinelli, a seconda dei vostri gusti e delle vostre adesioni ideologiche. In attesa della copertina del volume, eccovi intanto la copertina proprio dell’e-book, a firma di Franco Brambilla:
La quarta:
Nel 2049 sono cominciate le operazioni della Sezione Investigativa Speciale di Polizia Psicografica, un gruppo di agenti che possono estrarre informazioni dai morti, recuperandone la memoria. Sono i necromanti e il loro uomo di punta, Vincenzo Briganti, ha risolto nel 2059 il caso battezzato ufficiosamente Post Mortem (ma pubblicato su “Urania” come Sezione π²). Ora siamo nel 2061, anno del bicentenario dell’Unità italiana, e la Bassitalia sta per secedere dal resto del paese “come una coda di lucertola”. Sulla manovra gravano pesanti ipoteche, perché qualcuno pensa di trasformare il Territorio Autonomo del Mezzogiorno in una vera e propria riserva di caccia per i signori della nuova società feudale. Briganti e i suoi colleghi avranno poco meno di un mese per scoprire tutti gli intrighi ed evitare che il Territorio si trasformi in un ghetto tecnologico per schiavi del lavoro… o molto peggio.
Corpi spenti è un libro che si chiude sulla prospettiva di un abisso cosmico. Oltre al noir, alla spy-story, alla fantascienza di derivazione cyberpunk, alle suggestioni post-human, abbiamo anche un richiamo alla più classica fantascienza spaziale. Poche pagine, che però dovrebbero bastare per dare un’idea della complessità dello scenario di questo mondo, dietro le quinte di ciò che vediamo in scena. E che forse potrebbero tornare a essere esplorate, con maggiore accuratezza, nel futuro.
A questo proposito trovo paradigmatica la seguente battuta estratta da Angeli spezzati di Richard K. Morgan:
«Ci pensi, Kovacs. Stiamo bevendo caffè così lontano dalla Terra che le sarebbe difficile distinguere il Sole nel cielo notturno. Siamo stati portati qui da un vento che soffia in una dimensione che non possiamo né vedere né toccare. Immagazzinati come sogni nella mente di una macchina che pensa in modo tanto più evoluto dei nostri cervelli che potrebbe persino portare il nome di dio. Siamo risorti in corpi che non sono i nostri, cresciuti in un giardino segreto lontano dal corpo di ogni donna mortale. Sono questi i fatti della nostra esistenza, Kovacs. Mi dica, in cosa sono diversi, o meno mistici, della fede che esista un regno dove i morti vivono in compagnia di esseri talmente al di là di noi da essere costretti a chiamarli dei?»
Oggi si chiude questo ciclo di articoli che ci ha tenuto compagnia nelle ultime due settimane. Corpi spenti si appresta ad atterrare in edicola e in versione e-book su Amazon e sugli altri store on-line, dove potrete facilmente recuperare la vostra copia (il volume cartaceo di Urania, vi ricordo, resterà disponibile fino a fine mese). Se ne avrete voglia potrete passare da queste parti per farmi avere la vostra opinione sul libro.
Ci leggiamo nel futuro.
Katedra è un corto di Tomasz Bagiński del 2002, tratto da un racconto del pluripremiato autore polacco Jacek Dukaj, dei cui libri Bagiński è anche copertinista. Considerata la varietà dei temi che emerge già dalla pagina Wikipedia a lui dedicata, Dukaj è sicuramente da tenere d’occhio. La Cattedrale, il racconto in questione, ha dato anche il titolo alla prima antologia compilata dai lavori di Dukaj per i lettori italiani: merito di Voland, coraggioso editore romano, che malgrado una traduzione un po’ zoppicante confeziona una sintesi straordinaria della sua produzione, e un saggio delle sue abilità portentose.
Sensibilità eterogenee si amalgamano nella penna di questo scrittore, capace di far convivere le suggestioni della teoria del caos e la mistica della rivelazione, la violenza delle strade latino-americane e gli inquietanti dilemmi morali che si accompagneranno ai contatti con le misteriose entità che si nascondono nella notte cosmica. Il tutto narrato con impareggiabile grazia affabulatoria, e con pagine di terrificante bellezza, sospese tra abissi di orrore alieno (ma non solo) e spiragli di una irredimibile trascendenza.
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