No, il titolo non è un’epigrafe tombale, ma la formula più sintetica che mi è venuta in mente per commemorare il grande anniversario che si celebra quest’anno. Il 25 giugno di 40 anni fa arrivava infatti nelle sale d’oltreoceano Blade Runner, un film destinato a condizionare profondamente il nostro immaginario, ridefinendo probabilmente anche le coordinate stesse del futuro verso cui ci muovevamo.

Questo blog ha sempre dedicato un’attenzione particolare alla pellicola di Scott e alle diramazioni che ha originato a partire dall’universo narrativo di Dick. Per amor di statistica, ad oggi, con questo post, si contano 37 tag per Blade Runner (circa il 10% dei contenuti totali), oltre a 20 per Ridley Scott (5%) e ben 38 per Philip K. Dick (che, ok, sono rientrati sicuramente anche in altre discussioni con le rispettive produzioni), a testimonianza della centralità che il film gioca nella mia (de)formazione personale e nella mia visione non solo del futuro, ma oserei direi del mondo.

Il mio amore per il cyberpunk e la fantascienza, probabilmente anche per il cinema e il postmodernismo, per le contaminazioni, per Philip K. Dick, per il noir, e potrei continuare a lungo, nascono da questo film, che come poche altre esperienze ha rappresentato uno spartiacque nella mia crescita. Prima di vederlo, la mia dieta culturale era rappresentata in prevalenza da B-movie di fantascienza e horror, dagli anni ’50 ai primi anni ’90. Dopo averlo visto, i miei orizzonti si sono ampliati a dismisura, fino ad abbracciare fumetti, letteratura, videogame, non sempre, non tutti, necessariamente riconducibili al capolavoro di Scott & Co., ma di certo entrati nel mio radar solo dopo aver settato i parametri di riconoscimento sulle caratteristiche di quello che per me, da quel momento, è diventato la pietra di paragone per tutto il resto.

Oggi, nell’era dello streaming e della pay TV, dei contenuti on-line raggiungibili con qualche click e al massimo previa corresponsione di una fee di una manciata di euro per l’acquisto o il noleggio, potrà sembrare un’assurdità, ma nel 1994, quando riuscii per la prima volta a vederlo durante una messa in onda notturna, registrandolo su una VHS che avrei poi consumato, avrebbero potuto trascorrere anni tra la scoperta di un titolo e la sua visione, specialmente se, come me: a. si viveva in una provincia di Bassitalia; b. la città più vicina distava più di cinquanta chilometri da casa tua; c. non si avevano nemmeno quattordici anni; d. non si aveva la fortuna di avere un genitore o un fratello/sorella maggiore con la passione per l’ambito specifico di quel genere.

[Sembrano trascorse epoche intere, e invece era la nostra infanzia. Il che mi spinge a riflessioni sul tempo e la mia età che vi risparmio.]

La mia scoperta di Blade Runner fu sulle pagine del primo, storico Almanacco della Fantascienza (di cui non a caso conservo oggi non una, ma due copie, una per il valore affettivo e l’altra per necessità di consultazione). Dalla lettura degli articoli che lo menzionavano al momento in cui riuscii a intercettarlo tra i Bellissimi di Rete 4 (quelli che venivano introdotti dalla sigla di Tina Turner, come ricorderanno i veterani in circolazione) passarono forse quindici o diciotto mesi, e la prima volta che lo vidi… mi addormentai per svegliarmi di soprassalto nel bel mezzo di un sogno in cui la pioggia e il mood della Los Angeles del 2019 erano filtrati attraverso la soglia del dormiveglia sulle note della colonna sonora di Vangelis.

Da allora, ho rivisto il film decine e decine di volte, a voler mantenere una stima conservativa e senza voler dare l’impressione di essere sprofondato nella palude della monomania… per quanto, per un certo periodo della mia vita, Blade Runner sia sicuramente stato una fissazione. L’interesse ossessivo per tutto ciò che circonda la pellicola resiste ancora oggi e nelle ultime settimane mi è capitato in diverse occasioni di riguardarne degli spezzoni, ogni qual volta mi è capitato di adocchiarne i fotogrammi durante lo zapping notturno o antelucano.

Va da sé che non potevo lasciar correre la ricorrenza senza organizzare un qualche tipo di festeggiamento. Per cui, a partire da oggi e con una cadenza al momento indefinita – e che con ogni probabilità rimarrà tale – nel corso di quest’anno in maniera più assidua che mai mi troverete su queste pagine a parlare del film, del suo background, delle opere derivative che ha prodotto, e di tutto ciò che mi passa per la mente quando ripenso al mondo di Dick a cui Fancher, Peoples, Scott, Mead e Vangelis, tra gli altri, hanno dato forma. Anche – perché no? – attraverso il recupero della mole sterminata di materiali che ho scritto negli anni.